Per ogni membro della Famiglia oblata questa Giornata
può essere il momento per ricordare la propria oblazione.
Questa parola – oblazione –, negli scritti di sant’Eugenio,
appare già il 2 ottobre 1815 per esprimere l’impegno preso dai membri della
prima comunità di Aix. Ricordando il voto d’obbedienza fatto tra lui e Tempier
l’11 aprile 1816, sant’Eugenio usa ugualmente il termine oblazione: “questa oblazione
di tutto se stesso, fatta a Dio” (Mémoire, Rambert, I, 187-188). La parola oblazione precede non solo il nome
Oblato, ma anche la consacrazione religiosa con i voti. I voti e la vita
religiosa sono arrivati più tardi, dopo che già si faceva l’oblazione, e furono
considerati uno strumento necessario per raggiungere gli stessi risultati che
gli Apostoli hanno ottenuto per mezzo della loro predicazione. Come sottolinea
Morabito, lentamente ma sicuramente “questa idea d’oblazione (…), dopo aver
dato il nome ai voti di padre de Mazenod e dei suoi compagni, finisce con l’invadere
tutto, dando il nome non solo ai voti, ma anche alle persone e a tutta la
Società, quasi a caratterizzare non solo un atto della loro vita, ma le loro
stesse persone, tutta la loro vita e la loro missione nella Chiesa” (L’Immaculée dans la spiritualité du Fondateur, “Études Oblates”, 14 [1955], p. 37).
Eugenio non cessò mai di sottolineare, con la sua
vita, l’essenza dell’oblazione come dono totale di sé, senza riserve, a Dio e
alla sua causa, che è quella della Chiesa: la salvezza delle anime, dei poveri
e dei più abbandonati. Così si esprime nella lettera a fratel Baret del 18
agosto 1843:
“Eccovi, con la vostra oblazione, consacrato a Dio per la vita e oltre; devo anche aggiungere, con grande umiltà ma anche con grande consolazione, che nello stesso momento sono divenuto vostro padre. (…). Abituatevi presto, mio caro figliolo, ad avere in Dio una fiducia senza limiti; bisogna essere generosissimi con un Padre così buono, che è insieme così grande e così potente. Nessuna riserva quando ci si dona a lui; egli conosce i vostri bisogni e i desideri legittimi del vostro cuore: non occorre altro. Perciò vuole a ragione che ci stimiamo tanto onorati, che ci stimiamo così felici di essere ammessi nell’intimità dei suoi discepoli privilegiati, da esigere in cambio e per riconoscenza di affidarci a lui senza riserve e condizioni. (…) Vi siete consacrato a Dio, alla Chiesa, alla congregazione: per il resto affidatevi a lui: egli saprà ispirare a chi comanda quel ch’è giusto. (“Écrits oblats”, 10, 25-26)
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