La Quaresima è per definizione un cammino, un cammino verso la Pasqua, verso il compimento della vita di Gesù, a significare il cammino della nostra vita.
Ce lo ricorda Papa Francesco nel messaggio
che ha mandato a tutti noi per questa Quaresima, partendo dal racconto della
Trasfigurazione di Gesù, che viene proclamato ogni anno nella seconda Domenica
di Quaresima. «In effetti, in questo tempo liturgico – scrive il Papa – il
Signore ci prende con sé e ci conduce in disparte. Anche se i nostri impegni
ordinari ci chiedono di rimanere nei luoghi di sempre, vivendo un quotidiano
spesso ripetitivo e a volte noioso, in Quaresima siamo invitati a “salire su un
alto monte” insieme a Gesù (…). Per approfondire la nostra conoscenza del
Maestro, per comprendere e accogliere fino in fondo il mistero della salvezza
divina, realizzata nel dono totale di sé per amore, bisogna lasciarsi condurre
da Lui in disparte e in alto, distaccandosi dalle mediocrità e dalle vanità.
Bisogna mettersi in cammino, un cammino in salita, che richiede sforzo,
sacrificio e concentrazione, come una escursione in montagna».
E qui il Papa ricorda che tutta la Chiesa
sta già compiendo questo cammino, il cammino sinodale. Poi spiega: «Nel
“ritiro” sul monte Tabor, Gesù porta con sé tre discepoli, scelti per essere
testimoni di un avvenimento unico. Vuole che quella esperienza di grazia non
sia solitaria, ma condivisa, come lo è, del resto, tutta la nostra vita di
fede. Gesù lo si segue insieme. (…). Analogamente all’ascesa di Gesù e dei
discepoli al Monte Tabor, possiamo dire che il nostro cammino quaresimale è
“sinodale”, perché lo compiamo insieme sulla stessa via, discepoli dell’unico
Maestro».
Il Papa infine ricorda che l’esperienza di luce del Tabor non si
ferma lì: «il “ritiro” non è fine a sé stesso, ma ci prepara a vivere con fede,
speranza e amore la passione e la croce, per giungere alla risurrezione». Come
i tre apostoli anche noi siamo invitati a scendere nella pianura, «e la grazia
sperimentata ci sostenga nell’essere artigiani di sinodalità nella vita
ordinaria delle nostre comunità».
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