A continuazione di quanto ho scritto ieri: questa mattina
udienza privata di papa Francesco all’Assemblea del Movimento dei focolari.
Vale la pena vedere il video completo…
Alla fine sorpresa: il Papa ha voluto salutare, ad uno ad
uno, tutti i presenti. Così anch’io mi sono trovato a tu per tu con lui. “Sono
un Oblato di Maria Immacolata – gli ho detto. Anche noi viviamo in comunione
con questi nuovi carismi”. Con me p. Salvo, in alta uniforme, gli ha ripetuto
più o meno le stesse cose. E il Papa: “Avanti così!”. Allora… avanti così!
E il Vangelo della domenica?
Forse basta la prima pagina del l
ibro che ho regalato al Papa:Era un sabato come oggi quando entrò nella mia
stanza. Da giorni la febbre mi aveva domata. Distesa sul giaciglio sentivo
venir meno le forze. Ero spossata. L’arsura m’aveva bruciato le labbra ed ero
madida di sudore. Mia figlia non si scostava dal letto, mi vegliava giorno e
notte con amore di madre. Era madre per me ed io sua figlia. Ma la sentivo
sempre più lontana, la intravedevo appena, gli occhi appannati dall’ombra di
morte.
“Sono come acqua versata – mi dicevo mentre mi
assentavo da quanto m’era intorno –, sono slogate le mie ossa, il mio cuore è
come cera fusa nelle mie viscere, la mia gola inaridisce come coccio di creta,
la mia lingua si attacca al palato… Ma tu, Adonai, non stare lontano, mia
forza, vieni presto in mio aiuto”.
Quando la vita mi stava ormai
abbandonando Lui entrò nella mia stanza. Non lo vidi. Da ore non aprivo più gli
occhi. Non lo sentii neppure. Stavo scivolando verso lo Sheol senza più la
forza per resistere.
Una mano mi trattenne dall’ultimo
passo. Mi aveva preso per mano. La sua mano forte e delicata. La presa decisa.
Mi sollevò, mi trasse a sé.
Fu un risveglio dolce, come quando
hai riposato bene e a lungo, senza incubo alcuno. Mi trovai seduta sul letto.
Mia figlia accanto, Simone, Andrea, il nostro servo fedele e Lui. Non l’avevo
mai visto prima d’allora. Anche gli altri era come li vedessi per la prima
volta. Ero morta ed ora ero viva. Tutto era nuovo attorno a me. Io stessa era
un’altra.
Mi teneva ancora per mano. Me la
teneva stretta. Da mano a mano passava la vita. Vivevo d’una vita mai vissuta
prima.
Mi fiorirono sulle labbra le
parole del nostro re David: “… e tu mi prendi per mano, mi guiderai secondo i
tuoi disegni e poi mi attirerai nella tua gloria”. Le pronunciai guardando a
Lui nella penombra della stanza ridivenuta fresca e familiare. Guardavo a Lui,
ma lo sentivo tutto nella sua mano, nella mia mano.
“Con braccio possente hai fatto
uscire il tuo popolo dall’Egitto”, gli mormorai. Ora sapevo qual era la mano
forte che aveva liberato i nostri padri. La stessa che mi teneva stretta e mi
stava liberando dalla morte. Ero scesa nella tenebra dello Sheol, e la sua mano
mi aveva afferrato, mi aveva riportato in vita.
Ripercorse lo stesso cammino più
tardi, per tutti voi, per tutti noi. In Gerusalemme, fuori le mura della città,
sulla collina, per Lui s’aperse il baratro della morte e Lui scese sotterra e
con braccio possente e con la presa salda della sua mano afferrò ogni uomo,
ogni donna che giaceva nella fossa della morte. Con il Signore risorto siamo
tutti risorti.
Ma questo non lo sapevo ancora.
Allora sentivo soltanto un sangue nuovo che mi pulsava nelle vene, un soffio di
vita che m’entrava nelle narici. Mi sentii viva, viva, viva.
Ero in piedi e Lui mi teneva
ancora per mano.
Quando lasciò la sua presa ero già
viva, ero tutta viva.
Avevo la forza di quand’ero
ragazza in casa di mio padre, la forza della moglie giovane quando governavo la
casa di mio marito. E cominciai subito a preparare il pranzo per Lui e gli
altri di casa. La casa, che s’era addormentata con me, con me si risvegliò.