Che
delusione, povero p. Fausto, quando si rese conto del vero – o presunto tale –
significato dell’evangelico “offrire un bicchiere d’acqua fresca all’ospite”. Per anni, partendo dal bicchiere d’acqua fresca, aveva spiegato l’importanza
di curare con attenzione i gesti d’amore in modo che siano fatti bene: “Non hai
altro che acqua da dare all’ospite? Che almeno sia fresca!”. Gli dissero che in
Oriente all’ospite si offre acqua riscaldata, più dissetante di quella fredda.
Se qualcuno non ha neppure un focherello per scaldare l’acqua dia pure l’acqua
così com’è: è un gesto povero povero, eppure, per quanto piccolo, anche questo atto
d’amore avrà comunque una ricompensa.
Però p.
Fausto aveva ragione. Quel bicchiere d’acqua, fredda o calda che sia, è sempre espressione
di un dono.
La
signora Maltese, una vecchia sola, una volta mi raccontò la gioia grandissima
che le aveva dato p. Mimmo quando, andando a trovarla, le aveva portato una
cipolla fresca presa direttamente dall’orto: non aveva altro da offrirle.
È il fatto
di donare che conta, e quello che c’è nel dono: forse dovrebbe esserci tutto se
stesso.
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