Dalla teoria alla prassi. Come pregava sant’Eugenio nella
sua silenziosa orazione quotidiana davanti a Gesù Eucaristia?
La sua era una autentica conversazione con Gesù, come
testimoniano numerosi scritti.
Il 10 ottobre 1832, mentre a Roma si sta preparando
all’ordinazione episcopale, apre uno spiraglio sulla sua preghiera: «Il Signore
si comporta con me come al solito, cioè ogni volta che mi avvicino a lui si
mostra così com’è, infinitamente buono, infinitamente misericordioso. Mi
purifica il cuore, illumina la mia povera intelligenza, sprona e perfeziona la
mia volontà. Alla sua presenza mi trovo a mio agio, nonostante le impressioni
diverse che mi comunica il suo divino Spirito da me invocato con assiduità e
insistenza, non oso dire con fervore. Sia che consideri l’immensa bontà di Dio
che mi ha prevenuto sin dalla fanciullezza per condurmi a compiere le diverse
opere che mi ha affidato nel corso della vita, sia che mediti sulle azioni
interiori della grazia tutte volte a spronare la mia riconoscenza e il mio
amore, sia che rifletta sui miei peccati e le innumerevoli infedeltà tali da
sconvolgere anche le pietre e far di me il mio primo accusatore, sento
tuttavia di trattare col Padre mio che sta nel più alto dei cieli, con alla
destra suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, nostro avvocato, nostro
mediatore, il quale non cessa di intercedere per noi con quella preghiera
potente che ha diritto di essere esaudita e lo è sempre quando non mettiamo
ostacoli».
Il 14 febbraio 1839 annota nel diario: «Quando sono davanti
al Santissimo Sacramento, adoro il mio amabile Salvatore con tutta la potenza
della mia anima per rendergli l’omaggio che gli è dovuto; in riparazione di
tutti gli oltraggi che riceve in ogni tempo, ma soprattutto in questi giorni di
dissoluzione [era carnevale]; per domandargli tutte le grazie che mi sono
necessarie per governare santamente il popolo che mi ha affidato; per
chiedergli perdono dei miei peccati e di tutto le negligenze nel suo servizio;
prego per domandargli le grazie necessarie ai miei carissimi figli; per
supplicarlo di non permettere mai che, essendo così contento di trovarmi alla
sua presenza, adesso che è nascosto ai nostri occhi sotto le specie
eucaristiche, sia separato da Lui per tutta l’eternità, gli domando cioè di
vivere sempre e morire nella sua grazia. Cosa non si domanda ancora quando si è
ai piedi del Trono della Misericordia che si adora, si ama, in cui si vede Gesù
Cristo nostro Maestro, nostro Padre, nostro Salvatore, a cui si parla e che
risponde al nostro cuore con l’abbondanza delle sue consolazioni e delle sue
grazie? Questa mezz’ora passa troppo in fretta! Come è impiegata deliziosamente».
Il 2 giugno 1839, trascorre la sua mezz’ora di preghiera
nella chiesa di N. D. de Lumières, assieme a due suoi compagni e alla coppia di
marito e moglie custodi del santuario: «Mi sembra che questi momenti sono stati
preziosi. Eravamo proprio soli alla presenza del Divin Maestro, ma eravamo
prostrati ai suoi piedi per mettere sotto la sua potente protezione le nostre
persone, la nostra Società, il suo ministero, le sue opere, la casa di cui
stavamo prendendo possesso. Gli abbiamo domandato di regnare su di noi, di
essere nostro padre, nostra luce, nostro aiuto, nostro consiglio, nostro
sostegno, nostro tutto. Abbiamo invocato le sue benedizioni su di noi e sulla
nostra Congregazione che rappresentavamo con tanto più fervore quanto più
eravamo pochi e, per conto mio».
Il 6 gennaio 1844: «Durante la mia adorazione al Santissimo
Sacramento, sono stato preso dal pensiero che è impossibile stare meglio.
Trovarsi alla presenza di Gesù Cristo, prostrato ai suoi piedi per adorarlo,
amarlo e attendere dalla sua bontà le grazie di cui abbiamo bisogno è proprio
l’anticamera del Paradiso».
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