La prima pagina del Nuovo Testamento dove sant'Eugenio scrive che il libro apparteneva allo zio Andrea. Una nota scritta dopo la sua porte attesta che ha portato sempre con se in tasca questa copia |
“Fine di questa piccola
Società è che, vivendo insieme come fratelli si impegnino specialmente alla
evangelizzazione dei poveri e si sforzino di imitare assiduamente le virtù e
gli esempi di Gesù Cristo nostro Salvatore”. Così l’inizio della Regola di
sant’Eugenio.
Rileggendola, durante gli
esercizi spirituali nel 1831, egli stesso commenta:
“È tutto qui: Imitare
assiduamente le virtù e gli esempi di Gesù Cristo nostro Salvatore. Che queste
parole ci si imprimano nel cuore, che le si scrivano dappertutto per averle
sempre davanti agli occhi”.
L’orazione è uno dei luoghi
privilegiati per conoscere, contemplare, rispecchiare “le virtù e gli esempi di
Gesù Cristo nostro Salvatore”.
Il Concilio Vaticano II ha
ricordato che la “rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi” (Vei
Verbum, 2). L’orazione si alimenta dunque degli eventi e delle parole del
Signore, e trova il suo naturale nutrimento nel Vangelo, letto in maniera
meditativa oppure richiamato alla memoria senza bisogna di ricorrere direttamente
al testo.
Leggere, studiare, pregare,
vivere la Parola di Dio nelle Sacre Scritture è affare di ogni giorno, di tutta
la vita.
Da
quando aveva 14-16 anni, sant’Eugenio leggeva ogni giorno almeno un capitolo
del Nuovo Testamento. Appena divenuto sacerdote,
durante un ritiro, ratificò la pratica della quotidiana lettura della Bibbia
prescrivendosi: «leggerò la sacra Scrittura per una mezz’ora». Nel
regolamento che si propose quando divenne vescovo di Marsiglia il tempo
dedicato a questa lettura raddoppiò, un’ora al giorno. Agli Oblati, quale
frutto della propria esperienza, nella Regola prescrive lo studio quotidiano
della Sacra Scrittura. Li invita poi a fare come lui, a portare in tasca il
libro del Nuovo Testamento. La sua copia, minuscola, la conserviamo ancora…
Nel maggio 1837, al momento di prendere
possesso della sede vescovile di Marsiglia, ringraziava il Signore di averlo guidato
con la sua Parola: “Ti ringrazio, o Signore, per aver fatto scaturire questa
luce dal sacro deposito delle Sacre Scritture. Nel momento in cui mi indichi il
cammino da seguire e mi comunichi il desiderio di seguirlo, donami anche il
potente aiuto della tua grazia”.
Vangelo alla mano, l’orazione
diventa l’esercizio di quel colloquio tra Dio e la sua creatura di cui parla il
Concilio: con la Rivelazione “Dio invisibile nel suo grande amore parla agli
uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla
comunione con sé” (Vei Verbum, 2).
L’iniziativa è tutta sua: è
lui che parla per primo a noi, come ad amici! Un’azione continua e prolungata:
si intrattiene con noi! Perde tempo con noi, senza spazientirsi, senza
lasciarsi scoraggiare dai nostri rifiuti. Incredibile! Un Dio che ci dedica
tanto tempo…, senza stancarsi mai.
Scende accanto a noi, si
mette al nostro livello e ci invita a stare con lui, ad aprirci al dialogo, a
rispondergli… per portarci con sé. Viene sulla terra per portarci nel cielo.
In quel colloquio quotidiano ci
dice cosa fare, come fare, e ce lo suggerisce mostrandoci cosa lui ha fatto,
come lui l’ha fatto, per arrivare a essere come lui. Proprio così: “È tutto
qui: imitare assiduamente le virtù e gli esempi di Gesù Cristo nostro
Salvatore”.
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