“Far
comprendere chi è Cristo”, questa la missione che sant’Eugenio de Mazenod ha
affidato agli Oblati.
L’ha
scritto nell’introduzione alla sua Regola: “apprendre… ce que c’est que Jésus
Christ”; “apprendre”, che traduciamo “insegnare”. Ma è molto di più che
insegnare chi è Cristo.
Si
tratta di introdurre nella conoscenza di Gesù, con quel senso profondo che la Bibbia
dà questa parola “conoscenza”, che indica un rapporto profondo personale. È “appropriarsi”
di qualcosa, di qualcuno, o “lasciarsi prendere”.
Per
Gesù la vita eterna consiste nel “conoscere te, Padre, l’unico vero Dio, e
colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv
17, 3). È dunque questa la missione dell’Oblato, portare la salvezza facendo conoscere
Dio, Gesù, fare in modo che entri nella vita di quanti incontriamo nel nostro
cammino.
Questo
richiede che il povero Oblato conosca a sua volta Gesù, altrimenti cosa
insegna? È chiamato, come Paolo, “a non sapere altro se non Gesù Cristo e
Cristo crocifisso” (1 Cor 2, 2), a “conoscere
l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3, 19), a “imparare a conoscere il Cristo” (Ef 4, 20), a “conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la
partecipazione alle sue sofferenze, divenendogli conforme nella morte… (Fil 3, 10).
Sant’Eugenio
ha imparato a conoscere Cristo soprattutto nella preghiera. «La meditazione –
scriveva – dev’essere il pane quotidiano del sacerdote: là troverà forza luce
consolazione in mezzo alle difficoltà della sua vita travagliata, là in cui
“Dio
si comunica a lui nell’unione intima delle sue ispirazioni e della sua grazia
(…); là e là soltanto imparerà la scienza dei santi e le vie da essi seguite
per imitarli e giungere agli stessi risultati” (dicembre 1812).
Nella
Regola ha chiesto agli Oblati: “Faremo la preghiera mentale insieme, in due momenti,
durante il giorno: al mattino almeno per tre quarti d’ora, e la sera, intorno
all’altare, come visita allo stesso Santissimo, per mezz’ora”. Spiega anche su
cosa deve vertere la preghiera della sera: “Mediteremo in particolare sulle
virtù teologali, sulla vita e sulle virtù di Nostro Signore Gesù Cristo, che i
membri della Compagnia devono riprodurre profondamente in se stessi”.
Nelle
Costituzione attuali, al n. 33, leggiamo: “Nella preghiera silenziosa e
prolungata di ogni giorno, si lasciano plasmare dal Signore e trovano in lui l’ispirazione
per il loro comportamento. Secondo la loro tradizione, consacrano un’ora al
giorno all’orazione e vivono insieme una parte di questo tempo alla presenza del
SS. Sacramento”.
Francis
Kelly Nemeck, un Oblato di una intensa vita di preghiera, morto pochi giorni fa, che ha fondato e
diretto una casa di ritiri negli Stati Uniti, così ha commentato:
“Nella preghiera silenziosa e prolungata
di ogni giorno ...”. Dice “ogni giorno” e non “una volta ogni tanto”. Inoltre,
il testo afferma: “Consacrano un’ora al giorno all’orazione “ e non dice, in
maniera moraleggiante, che dovrebbero farlo, non ordina di farlo. Dice
semplicemente che dedicano quest’ora alla preghiera. In altre parole, se sono
veri Oblati, è quello che fanno.
“Si lasciano plasmare dal Signore”. Da
notare la natura passiva dell’espressione. L’enfasi è sull’inclinazione della
preghiera, l’atteggiamento accogliente, qualunque sia il metodo usato per
pregare. Lasciamo che la preghiera sorga dall’intimo, come viene in quel
momento, piuttosto che imporre una formula o una struttura. Lasciamo che il Padre,
il Figlio e lo Spirito, vivendo nel più intimo, diventino fonte che zampilla in
noi.
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