L’orazione dell’Oblato è quella di un missionario ed ha
quindi un orientamento apostolico.
Nella
Regola leggiamo: «Mantenendosi in un’atmosfera di silenzio e di pace interiore,
[gli Oblati] ricercano la presenza del Signore nel cuore della gente e negli
avvenimenti della vita quotidiana, come lo ricercano nella Parola di Dio, nella
preghiera e nei Sacramenti» (C 32).
L’inizio
della frase richiama la primitiva Regola di sant’Eugenio nella quale chiedeva:
«L’intera vita dei membri della Società deve essere un continuo raccoglimento.
Per raggiungere questo scopo avranno a cuora, innanzitutto, l’esercizio della
presenza di Dio, esercitandosi a recitare spesso brevi ma ferventi
giaculatorie». Quindi annotava: «Il nostro ministero sarà sempre infruttuoso se
non tendiamo alla perfezione».
Oltre
a questo richiamo alla prima Regola del Fondatore, la Regola attuale mette in
luce un elemento nuovo. Il Signore non lo si incontra soltanto nel silenzio
della preghiera personale, nella Parola di Dio e nei sacramenti, ma anche “nel
cuore della gente e negli avvenimenti della vita quotidiana”.
È
questo in primo carattere dell’oblazione oblata, la capacità scoprire Dio nelle
persone a cui si è inviati. Si tratta di imparare a riconoscere Dio nelle
persone e negli avvenimenti. «Profondamente vicini alle persone con le quali
lavorano – leggiamo nella Costituzione 7 – gli Oblati saranno costantemente
attenti alle loro aspirazioni e ai valori che esse portano», così da lasciarsi
«evangelizzare da loro, poiché spesso ci fanno capire in maniera
nuova il Vangelo che annunciamo» (R 8a).
La
contemplazione non si fa soltanto guardando in alto, ma anche guardando
attorno, a condizione che si sia acquisito lo sguardo di Gesù! «Attraverso lo
sguardo del Salvatore crocifisso vediamo il mondo riscattato dal suo sangue
La
missione è preghiera e insieme nutre la preghiera» (C 4).
L’orazione
oblata è alimentata dalla missione anche perché, come leggiamo sempre nella C 3,
«portiamo davanti a lui il peso quotidiano della nostra sollecitudine per le
persone alle quali siamo mandati (cf. 2
Cor 11, 28)». La missione alimenta la preghiera ed entra potentemente nella
preghiera. Quando si va all’orazione non dobbiamo lasciare la parte le
preoccupazioni, ma dobbiamo portarle nell’orazione stessa, facendole diventare
oggetto di dialogo con il Signore e offerta a lui, che aiuta a discernere,
purificare, rinsaldare.
Mi piace,
in proposito, leggere nel diario di sant’Eugenio, come prega quando il 4
dicembre 1854 si trova in san Pietro a Roma: “Un pensiero mi ha occupato
durante l’adorazione: il nostro divin Salvatore era là convenientemente posto
sul suo trono, nel più bel tempio dell’universo, da dove regnava sul mondo
intero. Mi sembrava che fosse là non solo per gli abitanti di quella città, ma
per tutte le creature di cui è l’unico Signore e sovrano Maestro. Mi piaceva,
per questo, rendergli omaggio a nome di tutta la terra e osavo implorare su di
essa la sua grande misericordia”.
Nell’Eucaristia egli ritrova ormai l’umanità e l’intera
creazione.
L’orazione oblata è infine apostolica perché rende capace di
parlare di Colui che si è scoperto e amato nell’orazione. Soltanto chi conosce chi
è Cristo può trasmettere la scoperta di Cristo.
Nessun commento:
Posta un commento