giovedì 25 giugno 2020

Il grido di Gesù ne "La Peste" di Camus


Naturalmente anch’io, come tanti in questo periodo, ho letto La peste di Camus. Rispecchia alla perfezione momenti e sentimenti che abbiamo vissuto e viviamo in questo tempo di coronavirus. È un’opera corale nella quale l’agnostico Camus riscopre il valore della solidarietà e della fraternità, uniche vie di riscatto dell’assurdo umano.


La scena più drammatica e più significativa mi è parsa la morte del figlio del giudice Othon, attorno al cui letto si ritrovano i principali protagonisti del romanzo. Siamo davanti allo scandalo della morte dell’innocente. Sono descritti con cura tutti i sintomi della peste, l’aggravarsi del male, la trasformazione del bambino in un essere disumano, quasi con artigli al posto delle mani, con un viso che torna ad essere quell’argilla prima che soffio di Dio l’umanizzasse.
La scena richiama esplicitamente la passione di Gesù in croce: “il bambino contrasse le gambe ossute e le braccia da cui la carne in quarantotto ore si era dissolta e nel letto devastato prese la posa grottesca di una creatura crocifissa”.


Quello che più mi ha colpito è il suo grido finale: “Nel volto ormai rappreso in un’argilla grigia la bocca si aprì e ne uscì quasi subito un lungo grido ininterrotto, appena alterato a tratti dal respiro, che subito riempì la corsia di una protesta monotona, discordante, e così poco umana che sembrava venire da tutti gli uomini insieme”.
La sala dell’improvvisato ospedale si unisce in coro a quel grido, interprete del grido di sofferenza dell’umanità intera.
Davanti a quella morte i mondi si dividono: padre Paneloux mormora. “È qualcosa che oltrepassa la nostra misura, ecco perché ci rivolta. Ma forse dobbiamo amare quel che non possiamo capire”; il medico Rieux ribatte: “No, padre. Io ho un’altra idea dell’amore. E rifiuterò fino alla morte di amare questa creazione dove i bambini sono torturati”.

Quel grido rimane al centro del libro. È lo stesso grido inarticolato, senza parole, di Gesù che muore sulla croce, come ci è narrato da Matteo e da Marco; un grido che ancora interpella e divide.
Certamente Camus si è ispirato a Gesù.
Ma forse è più vero il contrario: è Gesù che si è ispirato al bambino e ha vissuto in sé il suo grido, il grido di tutto l’ospedale di Orano, il grido della fede difficile di Paneloux e della rivolta di Rieux, il grido di tutta l’umanità.
La solidarietà e la fraternità che La peste postula sono frutto di quel grido di Gesù in croce, fattosi solidale con ogni grido, fratello con ogni umano.

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