In questo anno
centenario della nascita di Chiara Lubich ho riletto qualcosa sul rapporto che
abbiamo avuto con lei come Oblati. È un articolo che scrissi nel 1998 su “Missioni
OMI” in occasione dei 30 anni della comunità di Marino. Mi sembra ancora
attuaissimo.
Non si possono ricordare gli inizi di Marino e di Vermicino
senza parlare del Movimento dei Focolari e, in particolare, della sua
fondatrice, Chiara Lubich.
Ho ancora impresse nel cuore le parole che ci scrisse in occasione
della festa dell’Immacolata del 1972: “Veramente la Madonna vi ama con un
amore di predilezione e conta su di voi, su ciascuno di voi, per poter
ridonare al mondo Gesù”. E ci assicurava la sua unità
e il suo ricordo particolare “perché possiate sempre
di più essere Maria”.
L’anno dopo, in occasione dei voti perpetui di alcuni di noi,
scriveva ancora: “State per mettere il piede sull’altra sponda per sempre. Che
Dio vi faccia morire piuttosto che tornare indietro. Ed ognuno di voi sia
fiamma accesa che mette fuoco dovunque passa coll’amore a Gesù Abbandonato”.
La passione e il profondo rispetto che ha sempre mostrato per i carismi,
per i fondatori, per la vita consacrata, l’hanno portata, in tutti questi anni,
a suggerirci di vivere con radicalità la nostra vita religiosa, nella sua dimensione
mariana e missionaria. Il suo amore per Eugenio de Mazenod l’ha spinta ad
orientarci costantemente verso di lui, a conoscerlo in profondità, a riviverne
appieno il carisma.
“Sono spiritualmente tra voi - ci scriveva in occasione della
beatificazione di Eugenio - sicura che Gesù in mezzo illumina le parole e la
vita del vostro grande Santo Fondatore e vi farà sempre più simili a Lui, per
lo splendore e la grandezza della Chiesa.
“Come ho vissuto la beatificazione del vostro Fondatore?
In piena unità con voi, condividendo la vostra
gioia come di cosa riguardante la mia famiglia,
perché la mia famiglia è la Chiesa: e nella Chiesa in particolare con chiunque
è imparentato in qualche modo con l’Opera di Maria”.
E noi ci sentivamo e ci sentiamo, in qualche modo, imparentati con
l’Opera di Maria (è questo il nome ufficiale del Movimento dei Focolari). E
come noi tanti altri religiosi e religiose di molti istituti, in ogni parte del
mondo.
Già dalla nascita del Movimento dei Focolari, religiosi e
religiose avevano aderito a questo nuovo carisma che lo Spirito Santo aveva
suscitato nella Chiesa. Ciò da cui erano attratti era soprattutto la freschezza
di vita evangelica che in esso si viveva. Erano impressionati dalla totalità
dell’impegno, dalla semplicità e dal carattere evangelico dei primi membri del
Movimento. La scelta di Dio, credere incondizionatamente al suo amore, fare con
gioia la sua volontà, la certezza di realizzare il disegno di Dio col vivere
l’attimo presente, vedere Gesù in ogni prossimo e lo sforzo di amarlo come Lui, fino alla
croce e all’abbandono, confrontarsi costantemente con il Vangelo e lasciarsi
“evangelizzare” vivendo la Parola, erano aspetti di una spiritualità che dava
una particolare luminosità e concretezza alla loro stessa consacrazione
religiosa.
“Sentivamo una affinità e una consonanza con l’ideale
evangelico così come lo si vedeva vissuto dalle persone del Movimento -
testimoniano i primi Oblati che, insieme ad altri religiosi erano entrati in
contatto con i focolarini -. Nella loro semplicità essi ci apparivano interi,
trasparenti, luminosi. Il contatto con loro metteva fortemente in luce gli
elementi fondamentali della nostra stessa consacrazione religiosa ed operava
una radicale trasformazione della nostra vita: un nuovo rapporto con Dio, unico
tutto, al quale consacrare mente, cuore, attività; un nuovo rapporto con il
nostro fondatore e la nostra famiglia religiosa. Ma soprattutto a contatto con il Movimento veniva in rilievo
l’amore scambievole, l’essere un cuore solo e un’anima sola, Gesù in mezzo alle
persone unite nel suo nome, l’unità. Da qui nasceva
non solo un impegno maggiore a vivere e promuovere la comunione all’interno
delle nostre comunità, ma - ed era una cosa nuova - anche tra religiosi di
differenti Ordini e Istituti”.
Allora come adesso tanti Oblati, nella spiritualità del Movimento
e nei rapporti fraterni con i suoi membri, appartenenti ad ogni vocazione,
trovano non certo qualcosa che può disturbare la loro spiritualità, ma
viceversa una luce che la ravviva e aiuta a comprenderla meglio. Sentono
perfettamente armonizzabili le due realtà. Il Movimento dei Focolari invita
infatti religiosi e religiose ad una comunione reciproca che va al di là dell’ambito dei seguaci di un fondatore o di una
fondatrice e sa farsi luogo d’incontro tra persone portatrici dei diversi
carismi per una più ampia e profonda dilatazione della carità. Quello che il
cristianesimo insegna nel campo del rapporto fra singoli - amare, conoscersi,
farsi uno con gli altri, fino al punto di potersi comunicare i doni eventuali
che Dio ci ha fatto - vogliamo venga trasferito nel piano sociale, sì da
conoscere, stimare ed amare gli altri Istituti, Movimenti ed Opere della Chiesa e suscitare o accrescere fra
tutti la reciproca comunione di beni spirituali.
L’esperienza e la dottrina sul rapporto tra il Movimento e i
religiosi si è venuta codificando in questi anni, ed ha conosciuto una sempre
più esplicita approvazione da parte della Chiesa. Parlando di questa esperienza
e della novità del fatto che religiosi di tanti istituti diversi si incontrano
tra di loro
nell’ambito del Movimento dei Focolari, Paolo VI diceva: “Non è cresciuta la fraternità? È tolta qualcosa
all’originalità dei vostri Istituti? No! Il confronto fraterno - ecco il
Focolare! - aumenta la carità rispettiva e collettiva” (14.7.1979). E più
recentemente Giovanni Paolo II: “La spiritualità di comunione che l’Opera di
Maria promuove e coltiva, costituisce una dimensione essenziale della vita
cristiana. Vi incoraggio - continuava rivolgendosi alle 400 religiose presenti
- a crescere in essa, a viverla nelle vostre comunità e negli ambienti dove
operate” (17.4.1996).
“Nessuno - ha scritto Jesus Castellano, preside dell’Istituto di
spiritualità Teresianum - abbia timore o
sospetto di un’Opera che porta il sigillo dell’amore
e della discrezione della Madre. Anche il carisma dell’Opera di Maria, del
Movimento dei Focolari, è un servizio per il bene comune della Chiesa e di
tutte le famiglie religiose. Un carisma ed un servizio affinché insieme
possiamo riscoprire ed attuare nella vita religiosa e fra le famiglie religiose
il testamento di Gesù, al servizio del quale sono convogliati tutti i carismi
della Chiesa: “Che tutti siano uno, affinché il mondo creda” (Gv 17,
21). Oggi, questo pressante invito e preghiera di
Gesù ci richiamano insieme alla comunione nell’unità per una più feconda
testimonianza e missione”.
Proprio questo contatto con il Movimento ci ha spinti, non solo ad
aprirci alla comunione con tutte le varie componenti ecclesiali, ma anche ad
approfondire la nostra vocazione specifica. Le due cose sono andate di pari
passo. Più cresce la comunione ecclesiale, più c’è la luce per capire il
proprio particolare.
Così abbiamo seguito quanto Chiara ci aveva detto nel 1974: “Se io
potessi darvi un consiglio, vi direi: Cercate di studiare bene il vostro
Fondatore agli inizi, nei primi anni della sua vita”.
Fu così che Vermicino si è caratterizzato per uno studio sempre
più intenso del fondatore e del carisma oblato. Ero ancora studente di
teologia, quando con i miei compagni donammo a Chiara uno dei primi frutti di
quel lavoro: un libretto ciclostilato con alcuni pensieri sulla vita fraterna,
tratti dagli scritti di sant'Eugenio.
Pochi giorni dopo ci chiese se poteva mandare copia di quel
libretto a tutti i focolari, sparsi nel mondo. Lo aveva letto d’un fiato, “come si beve un sorbetto” - aggiungeva. Era rimasta
incantata da Eugenio de Mazenod: “La sua fede
nella Chiesa è come una roccia. Pur essendo un grande fondatore, ha molto più
del padre. E si sente in lui un’indubbia
influenza mariana: ha un cuore di Madre. È
grande perché ha come idea fondamentale la legge della nuova alleanza, quella
di Gesù. Lo si vede tutto intento a cementare i mattoni della sua opera,
suscitando l’amore reciproco e riversando quel particolarissimo amore che lui
sente per i suoi e che viene da un cuore
di carne”. Chiara aveva capito sant’Eugenio nel profondo della
sua personalità spirituale.
Ma ciò che più mi colpì allora furono queste parole di Chiara
rivolte a noi
Oblati, sempre in quella circostanza: “Se loro, per
ria del carisma dell’unità, si sentono dell’Opera di Maria, io per via del
loro fondatore mi sento Oblata di Maria Immacolata”.
E subito aggiungeva: “Ma io mi sento di tutti gli Ordini: di san Francesco, di
san Benedetto...”. Queste parole mi fecero intravedere un cuore cattolico,
aperto, capace di spaziare sulla Chiesa intera, pronto ad accogliere e
condividere il bene ovunque e comunque si presenti.
“Mi sento di tutti gli Ordini...”. Queste stesse parole,
espresse in modo diverso, le ho poi ritrovate spesso negli scritti di Chiara.
“Se da una parte siamo coscienti che il
carisma del nostro Movimento è utile a tutta la Chiesa - scriveva ad esempio
leggendo gli scritti di san Giovanni della Croce - dall’altra siamo pure
convinti che tutti i carismi della Chiesa sono utili a noi, figli della Chiesa.
E allora dobbiamo imparare da tutti i santi”. Per questo sa mettersi con umiltà
alla scuola dei santi, anche di sant’Eugenio. La loro esperienza le appartiene,
come tutto ciò che è Chiesa. “È proprio della nostra spiritualità - scrive in
proposito - imparare dai santi, farci figli di essi, per partecipare del loro
carisma”.
In questa stessa logica di comunione ecclesiale e di respiro
universale, anche tanti di noi Oblati vogliamo imparare da questo carisma che
Dio ha dato per il mondo di oggi. Allora, sempre più, anche la parola del
Vangelo fatta propria da sant’Eugenio, “Mi ha mandato ad
evangelizzare i poveri”, sarà tutta orientata ad attuare il testamento di Gesù:
“Che tutti siano uno”.