Dopo la
morte di Fratel D’Orazio sono il più vecchio dei 70 Oblati di via Aurelia 290,
quindi tocca a me continuare le tradizioni. Così questa sera, nella festa dell’apostolo
Bartolomeo, sono stato nella chiesa di san Bartolomeo all’Isola Tiberina, dove,
nel grande sarcofago di porfido che funge da altare, riposa da mille anni il
corpo del santo.
La chiesa
sorge sull’antico tempio romano di Esculapio e sull’ospedale dei
Fatebenefratelli continua ancora la secolare tradizione della cura degli
ammalati.
La chiesa
ricorda il martirio dell’apostolo che tra primi, pieno di entusiasmo, aveva
seguito Gesù. Da quando Giovanni Paolo II ha affidato la chiesa alla Comunità
di sant’Egidio, essa è un luogo di memoria anche dei più recenti martiri del XX
e XXII secolo. Nelle cappelle lungo le navate laterali vi sono tanti oggetti
appartenuti a martiri d’oggi, di tutti i continenti, da padre Puglisi a padre
Popieluszko, da Oscar Romero a Shahbaz But a don Andrea Santoro.
Il
martirio continua ad essere la cifra identitaria dei cristiani, e i martiri ci
ricordano che il cristianesimo è una cosa seria e che Gesù vale più di tutto,
anche della vita.
Alla fine
della messa, mi sono messo in fila con tutti i fedeli, per baciare la reliquia
del santo contenuta in un bel busto ligneo dorato.
Fratel
Giuseppe D’Orazio sarà stato contento…
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