Oggi,
festa di san Domenico, mi sono svegliato con il pensiero l’abbraccio del santo
con san Francesco. Ho poi visto che anche l’anno scorso, in questo stesso
giorno, sul blog ho riportato il racconto in merito scritto dal Celano.
Ci sono
altri racconti al riguardo, a cominciare da quello della Vitae fratrum (cap.
I, n° 4) di Geraldo di Frachet, opera terminata nel 1271, a 50 anni dopo la
morte di san Domenico, che raccoglie testimonianze dei frati della prima
generazione dell'Ordine.
Alcune fonti
lasciano intendere si sono incontrati ad Assisi in occasione del capitolo delle
stuoie, oppure a Roma nella casa del cardinale Ugolino.
Fatto sta
che l’iconografia, ricchissima, per secoli ha continuato a raccontare di quell’incontro
descrivendolo sempre come un abbraccio fraterno. Gli affreschi sono presenti
soprattutto nei conventi e nei chiostri dei Domenicani.
Si sa che
quell’abbraccio è simbolo del desiderio di un rapporto sempre vivo tra i due
Ordini, come già aveva compreso Dante nel Paradiso.
Noi abbiamo
avuto sotto gli occhi al vivo quell’abbraccio, in quello, indimenticabile, tra padre
Valentino, domenicano, e padre Novo, francescano, che fortunatamente sono
riuscito a immortalare in una foto che mi è molto cara.
Ma è un
abbraccio che continua anche oggi e di nuovo visibile qui a Roveré e che fermo
ancora una volta in una foto.
Ma è un
abbraccio ancora più grande, che avvolge tutti noi religiosi di ordini e
istituti tanti diversi, in una fraternità autentica e sincera.
«Noi –
continua a ripeterci Chiara Lubich – dobbiamo soltanto far circolare fra i
diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come si amano [tra
di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo
che li lega perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo».
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