domenica 4 giugno 2017

4 parole per il campus degli Oblati in San Antonio, Texas



Il campus degli Oblati in San Antonio, Texas, si estende da via Madonna a via Blanco, da via Sacro Cuore a via degli Oblati. Un grande prato verde con tanti alberi secolari e molti edifici. Aperto da ogni lato, vi passeggiano le persone le più varie.
In questi giorni, vivendo in questi spazi di silenzio e di pace, mi sono venute alla mente quattro parole che possono definire questo luogo magico.


La prima non può essere che cultura. Il campus è nato infatti attorno alla Oblate School of Theology, diretta dagli Oblati, molti dei quali insegnano, continuando una tradizione centenaria. Vi giungono studenti da tutto il Texas e oltre. Con l’istituzione della cattedra di studi oblati, che inizierà a breve i suoi corsi, mi pare si sia raggiunto il coronamento dei suoi insegnamenti.


La seconda parola è memoria. Il primo luogo di memoria è sicuramente il grande cimitero dove riposano oltre 300 Oblati che hanno lavorato in Texas. Mi piace passeggiare tra queste file ordinate dove, su ogni pietra, è inciso il semplice nome e la data di nascita e di morte. Hanno dato la vita per il Vangelo. Alcuni li conosco, come p. Alfonso Gioppato, sepolto qui appena un anno fa. Ricordo quando sono stato con lui a Nixon, la parrocchia di campagne, abitata da messicani e latino americani. Abbiamo passato bei giorni insieme.
La memoria dei missionari è inoltre vivissima e presente nelle stanze dei molti edifici del campus. In ogni aula scolastica vi è la croce di uno degli antichi Oblati. Le case sono dedicate ad alcuni di quelli che hanno lavorato a San Antonio. Antiche foto storiche delle prime missioni campeggiano ovunque, così come quadri e statue di sant’Eugenio de Mazenod, di padre Keralum, il primo “martire” del Texas, di altri nostri beati… Le vetrate della chiesa universitaria raccontano le loro storie… La storia oblata è ovunque presente e vivissima. Il centro dei pellegrini rende inoltre presente le missioni attuali degli Oblati nel mondo, mentre il centro missionario, con decine di impiegati, lavora attivamente per il sostentamento delle missioni nel mondo.
Soprattutto vi è la memoria vivente dei missionari: nella casa “Madonna” vi è un bel numero di Oblati anziani e ammalati.


La terza parola è preghiera. Oltre alla grande chiesa universitaria vi sono due altre cappelle, in una delle quali vi è l’adorazione eucaristica. La grotta di Lourdes, riprodotta in grandezza naturale, e la grande spianata davanti ad essa, assieme al santuario della Madonna di Guadalupe, sono un potente centro di richiamo, specialmente per gli ispano americani. Vi si prega con devozione.
Vi è inoltre la casa di ritiro, con sette edifici per l’accoglienza, più il centro di formazione per i ministri della Chiesa.
Più luogo di preghiera di così…


La quarta parole è bellezza. In genere gli Oblati non curano troppo la dimensione estetiche delle loro abitazioni e la maggior parte delle “opere d’arte” che hanno commissionato fanno pietà. Qui invece c’è un vero culto per la bellezza. Nel parco, oltre alle statue classiche di san Giuseppe, l’Immacolata, santa Teresa di Gesù Bambino, vi sono statue moderne che a me sembrano molto belle, come san Juan davanti alla Guadalupita; Gesù che dialoga con una mamma tenendola per mano e tenendo sulle ginocchia il suo bambino; la tavola dell’ultima cena a cui è seduto Gesù con il pane e il calice, mentre attorno i dodici sedili invitano le persone a sedersi e a meditare… Non manca la riproduzione in bronzo delle famosa foto dei sette Oblati della “Cavalleria di Cristo” scattata un secolo fa, poco prima che le automobili sostituissero i cavalli nei viaggi missionari tra i villaggi delle campagne a confine tra Messico e Stati Uniti. Negli edifici vi sono poi dipinti, quadri, statue disposti con gusto. Gli edifici stessi sono belli, pieni di luce, che lasciano quasi entrare il parco in casa…

Soprattutto… ci sono gli Oblati!


Nessun commento:

Posta un commento