Il campus
degli Oblati in San Antonio, Texas, si estende da via Madonna a via Blanco, da
via Sacro Cuore a via degli Oblati. Un grande prato verde con tanti alberi
secolari e molti edifici. Aperto da ogni lato, vi passeggiano le persone le più
varie.
In questi
giorni, vivendo in questi spazi di silenzio e di pace, mi sono venute alla
mente quattro parole che possono definire questo luogo magico.
La prima
non può essere che cultura. Il campus
è nato infatti attorno alla Oblate School of Theology, diretta dagli Oblati,
molti dei quali insegnano, continuando una tradizione centenaria. Vi giungono
studenti da tutto il Texas e oltre. Con l’istituzione della cattedra di studi
oblati, che inizierà a breve i suoi corsi, mi pare si sia raggiunto il coronamento
dei suoi insegnamenti.
La
seconda parola è memoria. Il primo
luogo di memoria è sicuramente il grande cimitero dove riposano oltre 300
Oblati che hanno lavorato in Texas. Mi piace passeggiare tra queste file
ordinate dove, su ogni pietra, è inciso il semplice nome e la data di nascita e
di morte. Hanno dato la vita per il Vangelo. Alcuni li conosco, come p. Alfonso
Gioppato, sepolto qui appena un anno fa. Ricordo quando sono stato con lui a
Nixon, la parrocchia di campagne, abitata da messicani e latino americani.
Abbiamo passato bei giorni insieme.
La
memoria dei missionari è inoltre vivissima e presente nelle stanze dei molti
edifici del campus. In ogni aula scolastica vi è la croce di uno degli antichi
Oblati. Le case sono dedicate ad alcuni di quelli che hanno lavorato a San
Antonio. Antiche foto storiche delle prime missioni campeggiano ovunque, così
come quadri e statue di sant’Eugenio de Mazenod, di padre Keralum, il primo “martire”
del Texas, di altri nostri beati… Le vetrate della chiesa universitaria
raccontano le loro storie… La storia oblata è ovunque presente e vivissima. Il
centro dei pellegrini rende inoltre presente le missioni attuali degli Oblati
nel mondo, mentre il centro missionario, con decine di impiegati, lavora
attivamente per il sostentamento delle missioni nel mondo.
Soprattutto
vi è la memoria vivente dei missionari: nella casa “Madonna” vi è un bel numero
di Oblati anziani e ammalati.
La terza
parola è preghiera. Oltre alla grande
chiesa universitaria vi sono due altre cappelle, in una delle quali vi è l’adorazione
eucaristica. La grotta di Lourdes, riprodotta in grandezza naturale, e la
grande spianata davanti ad essa, assieme al santuario della Madonna di
Guadalupe, sono un potente centro di richiamo, specialmente per gli ispano
americani. Vi si prega con devozione.
Vi è inoltre
la casa di ritiro, con sette edifici per l’accoglienza, più il centro di
formazione per i ministri della Chiesa.
Più luogo
di preghiera di così…
La quarta
parole è bellezza. In genere gli
Oblati non curano troppo la dimensione estetiche delle loro abitazioni e la
maggior parte delle “opere d’arte” che hanno commissionato fanno pietà. Qui
invece c’è un vero culto per la bellezza. Nel parco, oltre alle statue
classiche di san Giuseppe, l’Immacolata, santa Teresa di Gesù Bambino, vi sono
statue moderne che a me sembrano molto belle, come san Juan davanti alla
Guadalupita; Gesù che dialoga con una mamma tenendola per mano e tenendo sulle ginocchia
il suo bambino; la tavola dell’ultima cena a cui è seduto Gesù con il pane e il
calice, mentre attorno i dodici sedili invitano le persone a sedersi e a
meditare… Non manca la riproduzione in bronzo delle famosa foto dei sette
Oblati della “Cavalleria di Cristo” scattata un secolo fa, poco prima che le
automobili sostituissero i cavalli nei viaggi missionari tra i villaggi delle
campagne a confine tra Messico e Stati Uniti. Negli edifici vi sono poi
dipinti, quadri, statue disposti con gusto. Gli edifici stessi sono belli,
pieni di luce, che lasciano quasi entrare il parco in casa…
Soprattutto…
ci sono gli Oblati!
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