Questa
nostra pianta è fatta per portare frutti in Cielo.
Siamo
stati fatti per Iddio.
Questa
è la nostra vocazione.
Ogni
fibra del nostro essere deve bruciarsi, e passare nel divino.
Sento
che la nostra trasformazione deve essere integrale. Non è l’anima che è
chiamata a divinizzarsi, non la mente, non il cuore, non la volontà, ma tutt’intera
la nostra persona.
Gesù
ha incontrato e attirato a sé le persone nell’interezza del loro essere.
Il rapporto
che Gesù aveva con Pietro, Andrea, Giovanni, Giacomo, la Maddalena era un
rapporto che li prendeva dentro completamente: parlava al loro cuore, alla loro
mente, muoveva la loro volontà, toccava la loro sensibilità psicologica, aveva
un contato fisico con loro: mangiava con loro, lavava loro i piedi, si lasciava
bagnare i piedi dalle lacrime, si lasciava baciare, abbracciare.
Tutta
la nostra persona con le sue componenti soprannaturali, fisiche, psicologiche…
tutto è uscito dalle sue mani e tutto intero deve tornare a lui, purificato,
sublimato: io credo la resurrezione della carne.
È per
questo che il Verbo si è fatto carne, per assumere e introdurre la nostra carne
nella divinità. Nella Trinità c’è la nostra carne, la nostra corporeità: il
Cristo Risorto!
Per
questo Gesù è voluto rimanere in mezzo a noi come carne e sangue.
Non
rimane solo nella sua Parola, perché non si pensi che nutre solo la mente.
Rimane nel corpo e nel sangue per dirci che nutre di sé tutto l’arco della
nostra vita, tutte le componenti della nostra persona.
Cristo
ci prende interamente, a cominciare dal corpo e interamente ci converte, cioè
dirige gradatamente verso di sé tutto di noi, l’affetto, l’intelligenza, la
volontà, le doti, le capacità. Inonda questa nostra debolezza con la potenza
della vita.
Pane
di vita. Naturalmente integrale.
Siamo
ben consci della nostra debolezza… ma ecco il pane di vita…
(10
maggio 1984)
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