Il volto smagrito ingigantisce gli occhi belli,
mai così grandi. La pettinatura è dimessa. Al naso la sonda che la alimenta. La
parola non è nitida… Ma c’è qualcos’altro che me la fa apparire diversa dalle
altre volte. Forse lo sguardo. È come se tradisse insicurezza, smarrimento.
Mentre mi parla, di tratto in tratto cerca con gli occhi le due compagne che la
vegliano, quasi per trovare un sostegno nella conversazione con me, pur così
breve.
Dov’è, mi chiedo, la Chiara energica e sicura che
ho conosciuto da sempre? Ha sempre incoraggiato tutti, sostenuto tutti, guidato
la sua Opera, così vasta e complessa, con sicurezza e braccio forte. E adesso?
Dov’è la Chiara che manda in delirio migliaia di giovani negli stati, nei
palazzi dello sport? La Chiara che parla davanti al Papa in piazza san Pietro a
Roma, che gli conduce in udienza centinaia di vescovi? La Chiara che incontra
politici e capi di stato, che riceve cittadinanze onorarie, che gira il mondo
di continente in continente, che dialoga con leader religiosi, che abbraccia le
folle?
L’avevo letta questa pagina, tante volte,
meditata, spiegata nelle mie lezioni. Ora la vedo attuata da Gesù in Chiara, da
Chiara fatta Gesù, da Gesù fatto Chiara. E mi domando: quando questa donna
carismatica ha dato davvero vita nella Chiesa alla grande e nuova opera dei
Focolari? Quando appariva “vincente” e, piena di energie, dava orientamenti
sicuri al suo movimento, lo indirizzava saldo nel suo sviluppo nei cinque
continenti? O non adesso che non può più dirigere e organizzare, che non può
scrivere e donare i suoi temi, rispondere alle domande…? Comprendo in maniera
nuova la più bella tra le parabole evangeliche: in questo momento Chiara è il
chicco di grano che sta cadendo in terra e muore per portare molto frutto. È
così che avviene la generazione della vita.
Ancora più drammatica, e insieme più bella e
profonda, la mia ultima visita, pochi giorni prima della sua morte.
Sono ancora al Policlinico Gemelli. La trovo nella
penombra della stanza, quasi irriconoscibile per gli ematomi, sfigurata, con
flebo e sonde… Parla con un filo di voce, ma stento a comprendere le parole.
Devono farmi tradurre da chi le sta accanto e l’assiste. Le chiedo la
benedizione per un mio nuovo viaggio a Cuba e in Messico. Mi prega di salutare
tutti e mi assicura “tutta la mia unità”. Ha le braccia abbandonate sui bordi
del letto. Mi abbasso per baciargli la mano, ma lei mi previene e con sforzo
cerca di alzarla per non farmi chinare: ultimo gesto di attenzione e d’amore.
Mi lascia partire con un “A-rivederci!”, un appuntamento per il Cielo.
Ieri l'abbiamo ricordata, Chiara Lubich, nel nono anniversario della sua partenza, al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, assieme a tante famiglie... un momento di festa, come sempre!
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