In
quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo
interrogarono… «Va’ a lavarti nella piscina di Siloe»… «È un profeta!»… «Credo,
Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. (…) (Gv 9,1-41)
Nonostante le beatitudini, quando siamo davanti a una difficoltà, a una
prova, a una disgrazia, viene spontaneo chiedere a Dio: “Perché mi tratti così,
cosa ho fatto di male?”.
Non siamo diversi dai discepoli di Gesù che, davanti a un cieco, gli domandarono
di chi fosse la colpa. La cecità è e rimane oggettivamente una situazione
negativa, ma Gesù anche dal negativo sa ricavare il positivo: “È cieco perché in lui siano manifestate le opere di Dio”.
Quali opere? Il miracolo della vista? Sì, ma come
segno di un miracolo ben più grande: vederLo e riconoscerLo. Le altre
persone che erano attorno al cieco nato avevano già il dono della vista, ma rimasero
ciechi alla visione vera.
Il cieco nato brama la luce, ma da solo non può uscire dal suo buio. A differenza di quanto accade in altri analoghi episodi
del vangelo egli non corre incontro a Gesù, non si mette a gridare “Fa’ che io
veda”, non chiede un miracolo. E' Gesù che gli va incontro, lo vedi (il cieco… non lo vede!), e prende l’iniziativa: si fa la sua
luce.
Per il cieco è l’inizio di un cammino simile a quello
del giorno che, dal tenue chiarore dell’albeggiare, giunge allo splendore
folgorante del meriggio, segno del graduale cammino di riconoscimento di Gesù. Chi è
Gesù agli occhi del cieco che ora vede? Dapprima soltanto un uomo, un semplice uomo
chiamato Gesù, poi un profeta, mandato da Dio, infine il Signore, davanti
al quale cade in ginocchio: “Credo, Signore”.
E' questo il segno, l’opera di Dio, il miracolo: riconoscere
Gesù, cadere in ginocchio, adorare. Lo stesso miracolo che Gesù con i due discepoli
sulla strada di Emmaus: aprì loro gli occhi ed essi lo riconobbero.
Per il cieco nato è stato un cammino sofferto:
prima la cecità vissuta come castigo di Dio, poi l’incomprensione, infine l’ostracismo.
In filigrana è disegnato il cammino dei discepoli,
della Chiesa, di ogni cristiano. Sapremo riconoscere la Sua presenza quando ci
piomba addosso l’avversità? Riconosceremo che questo è la via necessaria perché si manifesti
l’opera di Dio?
Giobbe avrebbe mai visto il volto di Dio se non
fosse passato attraverso le mille tribolazioni? “Fino ad ora ti conoscevo per
sentito dire – confessò al termine della sua esperienza – ora i miei occhi ti
vedono”.
Gesù è la luce: ci fa vedere come stanno veramente
le cose, ci apre gli occhi sulle realtà vere.
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