Al calare della sera, seduto
sulla panchina, nel grande parco dove siamo ospitati a Roveré, ho visto gli
alberi addormentati.
I faggi, i frassini, gli aceri, gli abeti, durante il
giorno hanno ondeggiato al sole, pieni di vita, col verde splendente delle
foglie e degli aghi. Ora si sono fatto improvvisamente silenziosi, hanno
abbassato le foglie e sono calati nel più profondo riposo.
Non me ne ero mai accorto.
Forse
perché non ho ancora pienamente accolto l’accolto di papa Francesco alla
contemplazione del creato:
«Il mondo è qualcosa di più che
un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia
e nella lode. (…) L’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Quindi
c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel
volto di un povero. L’ideale non è solo
passare dall’esteriorità all’interiorità per scoprire l’azione di Dio
nell’anima, ma anche arrivare a incontrarlo in tutte le cose…».
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