sabato 29 marzo 2014

Meditazione sulla croce / 2


Remollon
17 gennaio 1819. A Remollon, nelle Bassi Alpi francesi, Eugenio de Mazenod, con altri dei suoi, predica la missione popolare. La gente è incantata. Rimane impressa in ognuno l’immagine di quel missionario pieno di fuoco che, come l’apostolo Paolo, annuncia Cristo e Cristo Crocifisso, tenendo in mano la croce. Un artigiano del luogo immortale quell’immagine sbalzandola su un medaglione di alabastro. “È proprio padre de Mazenod come l’ho conosciuto nella mia giovinezza – scriverà cinquant’anni più tardi il vescovo Jeancard – proprio come lo ricordo quando predicava le missioni. È il ritratto più somigliante prima che diventasse vescovo”.
Perché annunciare Cristo Crocifisso? Perché mostrare la sua  croce? Perché è il segno dell’amore infinito di Cristo, che ha salvato il mondo non quando faceva i miracoli, non quando narrava alle folle le sue parabole, ma quando diede la vita, là sulla croce. “Il Calvario – scriveva sant’Eugenio ancora da giovane –  è il luogo dove il nostro divin Salvatore porta a compimento l’opera di Redenzione degli uomini". E nella Regola del 1826: “Predicare, come l’Apostolo, Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocifisso… non col prestigio della parola ma con la manifestazione dello spirito, mostrando cioè che abbiamo meditato nel nostro cuore le parole che annunciamo e che abbiamo cominciato a metterle in  pratica prima di accingerci ad insegnare”. 
La croce di Gesù è al centro della nostra missione.


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