Nel
cuore del centro cittadino, in piazza Capranica, le linee austere della chiesa
di Santa Maria in Aquiro non mi hanno mai invitato ad entrare. È di origine antichissima,
visto che viene già menzionata nel VIII secolo, ma riedificata nella forma
attuale alla fine del 1500. Il titolo “Aquiro” sembra un ricordo delle corse
dei cavalli che si tenevano in onore di Marte in Campo Marzio.
Questa
volta entro, ma molto prosaicamente per ripararmi dalla pioggia. L’interno mi
dà la stessa impressione dell’esterno: severità architettonica che non viene
riscattata dagli stucchi dorati pur belli, dai bassorilievi, dalle gradazioni
cromatiche riportate allo splendore cinquecentesche e ottocentesche da
recentissimi restauri, di cui rimane ancora qualche impalcatura.
Penombra
e silenzio nella chiesa deserta. Soltanto il sacrestano si aggira lento e
solenne, conscio dell’importante ruolo quasi sacerdotale di custode del
santuario. Mi viene incontro e mi conduce lungo la chiesa alla scoperta di
capolavori inattesi.
“Sull’altare
una Madonna del Cavallini”. Il Cavallini in questa chiesa? Non è possibile! “Sì,
è proprio il Cavallini” e mi fa salire fin sotto l’altare, al di là dei cordoni
che delimitato l’area di visita. Più tardi mi documento. Non è proprio di
Cavallini ma della sua scuola, dei primi del XIV secolo: una pittura su pietra raffigurante
la Madonna col Bambino e S. Stefano, proveniente da S. Stefano del Trullo a piazza di Pietra. Santo Stefano
bambino ha già le pietre della futura lapidazione sulla testa.
Nella
seconda cappella a sinistra, tre tele, Deposizione, Coronazione di spine,
Flagellazione, “Sono del francese
Trophime Biot”. Non dell’olandese Gerrit van Honthorst, conosciuto a Roma come
Gherardo delle Notti? Almeno la coronazione di spine è proprio sua, negli altri
quadri la mano degli allievi appare molto pesante…
“C’è
un altro tesoro: il primo dipinto della Madonna di Lourdes in Italia”. Non è
proprio un tesoro pittorico come i precedenti, ma piuttosto un rarità storica.
Il quadro, dipinto nel 1873, è passato di chiesa in chiesa (san Lorenzo in
Lucina, la parrocchia degli Oblati a Roma, poi nella chiesa delle Vergini, e
successivamente in quella di santa Croce dei Lucchesi), fin quando approdò qui
dove nacque una Congregazione della Madonna di Lourdes. La parrocchia di Santa Rita da Cascia delle
Vergini, ad un certo momento, voleva riprendersi il quadro…
Ma
a questo punto dobbiamo leggere il diario della marchesa Cecilia Serlupi Crescenzi, perché la gente
insorse e andò «… dal padre curato» cui «dissero che badasse bene a non farlo
togliere né di giorno né di notte, perché in tutte le ventiquattr’ore vi erano
persone che si davano la muta a sorvegliare ciò che accadeva, e che se si
azzardassero di cercare di portarlo via, avrebbero dato un segnale, e sarebbe
successo un tumulto e uno scandalo». Poiché le cose stavano precipitando la
marchesa Cecilia andò direttamente dal Papa, Leone XIII, che le diede ragione: la
congregazione fu onorata del titolo di arciconfraternita e fu concesso che il
quadro restasse a Santa Maria in Aquiro.
Quante cose nasconde anche una chiesa un po’ anonima come questa.
Per saperne di più sabato mattina, 8
febbraio, visita guidata.
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