sabato 8 marzo 2014

La morte di Ivan Il'ič nella luce del Gesù (o di Gesù)



Il racconto di Tolstòj rappresentato nel più bel teatro del mondo: la chiesa del Gesù a Roma. Entri in questo edificio straordinario e rimani abbacinato dall’architettura, dalla policromia dei marmi, dalle scenografie pittoriche da capogiro… Basta stare lì ed è già lo spettacolo.
Se poi si recita Tolstòj è uno spettacolo nello spettacolo. Se poi ad essere rappresentato è La morte di Ivan Il'ič, l’effetto è assicurato. E se alla fine appare il cardinal Ravasi e con la sua cultura fine dona con semplicità il suo commento al testo la serata è fatta!
Così è stato ieri.
Mi sono rimasti soprattutto due momenti: il grido di Ivan Il'ič che davanti al dolore grida il suo perché, che riecheggia i perché di ogni creatura davanti a ogni dolore: «Piangeva per la propria impotenza, per la propria terribile solitudine, per la crudeltà degli uomini, per la crudeltà di Dio, per l'assenza di Dio. "Perché hai fatto tutto questo? Perché mi hai condotto qui? Per qual motivo, perché mi torturi così orrendamente?..."». Cosa sarebbe di questo grido dell’umanità se non l’avesse fatto proprio lo stesso Figlio di Dio?
E finalmente l’incontro con la morte, quasi risposta a quel grido: «“E la morte? Dov'è?”. Cercò la sua solita paura della morte e non la trovò. “Dov'è? Ma che morte?” Non c'era più paura perché non c'era più morte. Invece della morte, la luce. “Dunque è così!” disse d'un tratto ad alta voce. “Che gioia!”… “Finita la morte, – si disse. – Non c'è più, la morte”».

La morte come incontro con la luce. La luce di bellezza che splende nella chiesa “del Gesù”, mi è sembrata una parabola della grande luce vista da Ivan Il'ič, quella del Gesù vero.

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