Al termine del capitolo generale del 1873, p. Fabre in
una lettera a tutta la Congregazione, ricorda che nei precedenti sei anni sono
morti cinquantadue Oblati. Non potendo nominarli tutti parla di padre Tempier. “Questo
è il primo Capitolo generale a cui non partecipa più questo venerato amico di
moltissimi padri. Avevamo la dolce speranza di avere ancora a lungo tra noi
questo fedele testimone dei primi giorni della nostra famiglia; il Signore ha
deciso diversamente. A noi la consolazione di raccogliere il suo ultimo
respiro. Il Signore ha voluto ricompensare il suo buon servitore e risparmiare
al suo cuore, tanto cattolico e tanto francese, la straziante angoscia che
avrebbe provata nel vedere il Papa prigioniero a Roma e i nostri nemici entrare
a Parigi vincitori! Insieme a questo nome venerato per sempre – continua p.
Fabre –, permettetemi di citare anche quello di Mons. Semeria, di così dolce e
santa memoria, stappato al nostro affetto in maniera tanto subitanea quanto
imprevista. Questi due nomi così cari sono seguiti da altri cinquanta; l’elenco
dei defunti è lungo! Tutti i nostri padri sono morti nella pace del Signore,
lasciandoci una ricca eredità di virtù da imitare e di esempi da seguire; ora
sono al cospetto di Dio con il nostro amatissimo Padre. Hanno amato la famiglia
religiosa sulla terra, ora l’amano in cielo dove pregano per noi rimasti nell’esilio.
Le loro preghiere attirino su questo Capitolo e su tutta la famiglia
abbondantissime benedizioni”.
Ho riletto queste parole di p. Fabre visitando la tomba
di famiglia a Marino. Anch’io non posso nominarli tutti. Ricordo gli ultimi:
Gigi Sion, Mimmo Arena, Sante Bisignano, Marino Merlo, Luciano Cupia, Angelo
Dal Bello… Ci hanno lasciato “una ricca eredità di virtù da imitare e di esempi
da seguire”.
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