Al termine del libro Mssionari di tutti i climi (1947), p. Gaetano Liuzzo commenta il testamento di Sant’Eugenio. Ci fermiamo alla prima parte, riguardante la carità. Tutto il testo seguente è la trascrizione del suo scritto:
La carità è
il volto specifico delle nostre comunità religiose — nelle terre cattoliche,
come in quelle missionarie — che colpisce quanti vi entrano per la prima volta
e con una certa intimità.
Per la
Regola la carità è il dolce vincolo dell’Istituto — «vinculum Societatis» (art.
652) — è catena d’oro che deve fortemente e deliziosamente avvincere tutti i
confratelli pur nelle immancabili diversità di nature e di caratteri —
«arctissimis charitatìs vinculis connexi» (art. 291) — e che deve fare di tutti
una sola famiglia, «sicut fratres habitantes in unum» (art. 1).
Si vuole
anzi la finezza della carità che sa presentire e prevenire — «honore invicem
praevenientes» (art. 716) — senza sforzo, ma con gioia serena e costruttiva:
«cum gaudio charitatem habentes» (art. 714).
Carità
intima e profonda, dunque, ricca di sfumature delicate, e protesa ognora a
creare e conservare l’armonia delle intelligenze, la fusione dei cuori, l’unione
delle volontà e, più ancora, a far di tutti «un sol cuore ed un’anima sola»,
«cor unum et anima una», secondo l’espressione prediletta del Fondatore: ecco
l’ideale che ogni Oblato degno di tal nome deve incessantemente tendere a
realizzare e ad incarnare nella propria anima.
Carità tutta
ammantata della cara atmosfera di famiglia, ma sempre aliena da ogni forma di
vano sensibilismo e di malintesa familiarità, perché sempre soffusa di quel
sacro, vicendevole rispetto che è nobile ed amabile riverenza: la riverenza
dovuta ai Vessilliferi dell’Amore e della Redenzione: «Mutuam in semetipsos
dilectianem et reverentiam habebunt» (art. 716).
E come ovvia
conseguenza di tutto ciò, ecco la mutua amorevole correzione fraterna (art. 271
e 703), le paterne preoccupazioni dei Superiori anche per la salute stessa dei
sudditi (art. 46), e le delicate attenzioni per i malati (art. 349-51 e 353-54)
fra cui la formale proibizione di rinviare a casa, per soli motivi di
infermità, un qualsiasi Oblato Professo: la Congregazione è Madre e, come
tale, conserva e cura amorevolmente tutti i suoi figli (art. 788).
Un altro
corollario non meno bello, ma sorprendente, è la straordinaria abbondanza di
suffragi per i confratelli defunti (…) (art. 363).
La carità
quindi, virtù divina e attraente — amato riflesso della santa passione
filiale. per Cristo e per Maria — è sintesi dello spirito oblato. Ed è
splendida arma di santità e di conquista missionaria.
«Posso dire
in verità — scriveva Mons. Semeria dal Ceylon al Fondatore — che noi tutti qui
siamo un sol cuore e un’anima sola; vedo con gioia tutti i Padri metter
perfettamente in pratica il meraviglioso articolo della Regola in cui, come Lei
stesso ci diceva, c’è in sintesi lo spirito della nostra Congregazione. I
missionari secolari di qui ammirano la nostra unione. I cristiani hanno rilevato
con meraviglia i nostri vicendevoli rapporti intimi e fraterni. Quando ricevemmo
con tanti segni di affetto i due Padri giunti poco tempo addietro, essi ci
chiesero se li avessimo conosciuti prima: lo stupore fu al colmo quando seppero
che li vedevamo per la prima volta... I pagani poi sono semplicemente fuori di
sé... Io ricordo spesso ai Padri che questa santa fusione di cuori è una
garanzia del gran bene che faranno alle anime. Pervasi dallo stesso spirito e
mirando allo stesso scopo, presto o tardi riusciranno a trasformare i nostri
cristiani; immagini di Dio che è carità, porteranno i pagani — timidi
adoratori di divinità perfide ed egoiste — a conoscerlo e ad amarlo».
E quarant’anni
dopo, un venerando Vescovo Gesuita, Mons. La Vigne, diceva a Mons. Joulain,
Vescovo Oblato di Giaffna: «Ho ammirato molto tutte le vostre opere ma una cosa
mi ha colpito più di ogni altra: la carità che regna tra i vostri missionari.
Vedendoli, si sarebbe tentati di credere che son tutti figli di uno stesso
padre e di una stessa madre».
Constatazione
consolante che è l’eco fedele di quanto, parecchi decenni prima, scriveva il
Venerato Fondatore: «Noi abbiamo un sol cuore e un’anima soia: questa è stata
sempre la nastra divisa...; regna tra noi una perfetta armonia: si direbbe che
abbiamo fatto voto di amarci».
Nessun commento:
Posta un commento