L’anno liturgico volge al termine. Ci
porta a pensare alla fine dei tempi, alla fine nostra e a quella della storia.
Anche la lettura del Vangelo di Luca volge al termine e ci riporta – prima
della cena pasquale – l’ultimo grande discorso di Gesù sulla fine di Gerusalemme,
simbolo della fine del mondo.
La fine del mondo! Sempre descritta con
immagini tragiche ed eventi disastrosi, mette spavento al solo nominarla.
Quando verrà? Come verrà? E avanti con maghi e astrologi e profeti di sciagura.
È così terribile che è meglio non pensarci; infatti non ci pensiamo.
Quando sarà, in effetti? Gesù, a
differenza degli astrologi, evita di rispondere alle domande su quando verrà la
fine, perché la cosa importante è un’altra: cos’è la fine del mondo e come noi
dobbiamo prepararci.
La fine del mondo è semplicemente il ritorno
di Gesù. Dobbiamo guardare a lui, non a cosa succede attorno a noi. Ci verrà
incontro e ci porterà con sé, nel suo regno, e sarà gioia, pace, pienezza di
vita, gaudio senza fine.
Lungo tutto il Vangelo ci ha insegnato
che non importa sapere quando verrà, ma come aspettarlo. Ci invita ad attenderlo
con trepidazione e con ansia, con fiducia, vigilanti nella preghiera, come si
aspetta una persona cara che non si vede l’ora di incontrare dopo tanto tempo. La
fine del mondo – la nostra morte ne sarà un anticipo – non sarà dunque una
tragedia («Non vi terrorizzate»), ma l’incontro con Gesù, a lungo atteso e
desiderato.
Prima di allora si distende il cammino della vita, il susseguirsi degli eventi storici. È questo il periodo difficile, non quello finale, che segnerà piuttosto la liberazione dal nostro patire quotidiano. Questo è il tempo delle violenze, delle guerre, degli odi, delle persecuzioni. È quello di adesso il tempo da temere, non quello della fine. Un cammino faticoso, il nostro, fatto di contraddizioni, di delusioni che possono venirci proprio dalle persone più vicine, di difficoltà che si chiamano malattie, mancanza di lavoro, insicurezza...
Gesù che sa la nostra storia, già prevede i sollevamenti di popoli contro popoli, i terremoti, le carestie, le epidemie... Ma non ci lascia soli in questo cammino verso la fine. Ci attende là, al termine della vita, ma è anche qui, lungo il nostro percorso, e ci suggerisce come comportarci, cosa dire, come fare... Soprattutto, ci protegge e mette a nostro servizio la sua onnipotenza: «Neppure un capello del vostro capo perirà»! Di che temere, dunque?
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