Cosenza, chiesa degli Oblati |
Quante sono le parole di Gesù in croce?
Basta
sommare quelle che riportano ciascuno dei quattro evangelisti e il conto è
presto fatto, sono sette. Dal 16° secolo le “sette parole di Gesù in
croce” sono state oggetto di molti sermoni in occasione del Venerdì Santo. Ne è
nata una grande letteratura.
Ma come sanno bene quelli che anche oggi continuano a
commentare le sette parole, come ad esempio Ravasi, nel libro appena pubblicato
dalla Queriniana, ognuno degli evangelisti ha un suo modo di narrare la
Passione e dal punto di vista esegetico l’accumulo delle parole di Gesù non è
un’operazione molto ortodossa.
Quest’anno la liturgia nella Domenica delle Palme ci
offre la Passione secondo Luca. I tratti di Gesù che questo Vangelo ama mettere
in luce sono quelli della preghiera, della misericordia, dell’amore ai poveri,
dell’abbandono alla volontà del Padre.
Le tre parole di Gesù che Luca riporta sono proprio in
sintonia con il ritratto che ha tessuto lungo tutto il suo Vangelo.
La prima parola è quella del perdono: «Padre,
perdonali, perché non sanno quello che fanno».
Seneca scrisse che coloro che erano
crocifissi maledicevano il giorno della loro nascita, i carnefici, le loro
madri e persino sputavano su coloro che li guardavano. Cicerone racconta che a
volte era necessario tagliare le lingue di coloro che erano stati crocifissi
per far tacere le loro terribili bestemmie. Ma Gesù aveva insegnato: “Amate i vostri
nemici”, “Fate del bene a quelli che vi odiano”. Non poteva che perdonare e
vivere per primo il suo Vangelo.
«Padre, perdonali, perché non sanno quello
che fanno» è la preghiera che sentiamo ripetere ogni volta che ci presentiamo alla
confessione. Non un rimprovero, ma il perdono.
La seconda parola è quella della grande
promessa: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
“Paradiso” è una parola persiana, indicava un
giardino recintato. Quando un re persiano desiderava riservare un onore
speciale a uno dei suoi sudditi, lo introduceva nel suo giardino così che
potesse camminare accanto a sé.
Gesù promette al ladro pentito molto più
dell’immortalità. Gli promette il posto d’onore, di farlo suo compagno nei
cortili del cielo.
Ladro per tutta la vita, dirà sant’Agostino,
quell’uomo crocifisso con Gesù fu ladro fino in fondo e rubò il paradiso!
Macché rubare, gli è stato donato, tutto è grazia!
Ogni volta che ci sentiamo peccatore, ossia
sempre, possiamo guardare con fiducia l’uomo che pende dalla croce e dirgli: «Ricordati
di me, quando sarai nel tuo regno».
La terza parola è pronunciata ad alta voce,
Gesù disse: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito».
Gesù muore con una preghiera.
È il versetto di un Salmo 31,5 con l’aggiunta
della parola: “Padre”. Era la preghiera che ogni madre ebrea insegnava al
figlio come ultima cosa prima di addormentarsi. Gesù l’ha resa più bella perché
l’inizia con la parola “Padre”.
Gesù muore come un bambino che si addormenta
tra le braccia di suo padre.
Vorremmo
addormentarci anche noi ogni sera con questa preghiera.
Vorremmo
che fosse la nostra ultima preghiera.
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