L’incontro, oltre quaranta persone, è iniziato nell’antica sala capitolare dei Ministri
degli infermi, seguita dalla visita all’attiguo museo e alla stanza dove è morto san Camillo, oggi trasformata in una luminosissima cappella.
Gioielli d’arte in un ambiente di gusto raffinato.
Poi la sacrestia,
uno dei capolavori del roccocò, unico nella Roma del 1700; la statua lignea di
Maria Maddalena del 1400; il crocifisso che ha parlato a san Camillo; la
chiesa, autentico scrigno d’arte.
Parlare di san
Camillo nel suo ambiente è davvero toccante.
Poco lontano,
nell’ospedale di san Giacomo al Corso, si dedicava instancabilmente al servizio
dei poveri infermi, cercando in tutti i modi di migliorare il servizio prestato
dagli altri inservienti, i “mercennarij”, presso i quali imperava la “mala
sanità”. Ed ecco la grande ispirazione, così come la racconta il primo biografo
agli inizi del 1600: «Stando adunque egli una sera verso il tardi (che poteva
essere un’hora di notte) nel mezzo dell’hospidale soprapreso da queste
considerationi, gli venne il seguente pensiero. Ch’à tale inconveniente non si
poteva meglio rimediare che con liberare essi infermi da mano di quei
mercennarij et in cambio loro instituire una Compagnia d’huomini pij, e da
bene, che non per mercede, ma volontariamente e per amor d’Iddio gli servissero
con quella charità et amorevolezza che sogliono far le madri verso i loro
proprij figliuoli infermi».
È l’anno 1582.
Che differenza
tra questo Camillo tutto, in donazione agli ammalati, da quello che una decina
d’anni prima era stato licenziato dallo stesso ospedale perché, essendo «di
molto terribile cervello», litigava spesso con i colleghi e abbandonava i
malati per andarsene sulla riva del Tevere a giocare a carte con i barcaioli di
Ripetta.
Cose d’altri
tempi?
La nostra visita
si è conclusa con la testimonianza toccando di un camilliano di oggi, p. Donato
Cauzzo, e con le sue esperienze accanto agli ammalati di AIDS.
San Camillo è
vivo, e continua anche oggi a prendersi cura degli ammalati come fa una mamma con
il figlio infermo.
Mi giunge intanto
questo messaggio:
Desidero dirle che sono stata molto contenta di aver ascoltato la storia della vita di S. Camillo De Lellis, perché non la conoscevo. Mi ha colpito la sua preoccupazione di formare persone che fossero capaci di curare il corpo di chi è malato e altre persone che fossero capaci di curare lo spirito di chi sta male, vicino alla morte.
Sono rimasta impressionata da questo, perché anche per me è sempre stato importante "preparare" ciascuno dei miei familiari ad incontrarsi con l'Eterno Padre. Si trattava di aiutarli a scegliere la Felicità Eterna. Ho accompagnato i quattro nonni e una cognata e, l'11 gennaio c.a., anche mio marito.
Desidero dirle che sono stata molto contenta di aver ascoltato la storia della vita di S. Camillo De Lellis, perché non la conoscevo. Mi ha colpito la sua preoccupazione di formare persone che fossero capaci di curare il corpo di chi è malato e altre persone che fossero capaci di curare lo spirito di chi sta male, vicino alla morte.
Sono rimasta impressionata da questo, perché anche per me è sempre stato importante "preparare" ciascuno dei miei familiari ad incontrarsi con l'Eterno Padre. Si trattava di aiutarli a scegliere la Felicità Eterna. Ho accompagnato i quattro nonni e una cognata e, l'11 gennaio c.a., anche mio marito.
Ho amiche e amici
malati gravemente...
Mentre ascoltavo padre Donato, più di una volta mi sono chiesta se il Signore mi chiede di servirLo in questo modo.
Mentre ascoltavo padre Donato, più di una volta mi sono chiesta se il Signore mi chiede di servirLo in questo modo.
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