Ho l’onore e l’onere di aprire un congresso sull’accompagnamento
spirituale, un’autentica scuola di formazione. I partecipanti provengono da 66
nazioni, di tutti i continenti. Non so quante lingue sono presenti, ci sono
comunque 14 traduzioni. Tanti volti conosciuti e tanti altri che incontro per
la prima volta. 500 persone che con coraggio si interrogano su come aiutare a
compiere un cammino spirituale insieme.
È un progetto avviato due anni fa e preparato con cura.
Quando sono entrato in sala ho iniziato a salutare i numerosi
presenti. Tanti volti giovani, ma anche tanti volti noti, persone con le quali
ci conosciamo da molti anni, incontrate magari in Paesi lontani...
Mi è venuto spontaneo dirmi: Che bello invecchiare insieme!
Forse non suona bene, ma mi ha dato una grande gioia vedere
persone che sono rimaste fedeli così a lungo, sapere che continuiamo a vivere e
a condividere una esperienza di vita, un ideale nel quale crediamo. Nonostante
tutto ci siamo ancora, e camminiamo insieme!
Il mio intervento riguardava alcune note sulla spiritualità di
comunione, un cammino spirituale fatto insieme, appunto! Che la vita mistica
sia vita in Cristo è un dato tradizionale («Non sono più io che vivo, è Cristo
che vive in me»: Gal 2, 20”). La novità della spiritualità dell’unità sta
nell’avere intuito che si è “veramente” Gesù, “Gesù completo”, quando si è il
suo Corpo, la Chiesa, quando cioè si è nell’unità: Gesù è nel “dove due o più”,
è Gesù fra noi.
L’esperienza spirituale è frutto dello Spirito che “circola” tra
quanti vivono l’amore reciproco e li “consuma in uno, in un solo Dio”. È un
ritorno alle origini della spiritualità cristiana: Pentecoste fu un’esperienza
dello Spirito fatta in comune.
Nel suo libro Una via
nuova. La spiritualità dell’unità, Chiara Lubich ricorda che ogni
spiritualità ha individuato e proposto gli strumenti più adatti per raggiungere
il proprio progetto. Anche dalla sua esperienza sono emersi dei percorsi
concreti a sostegno del suo progetto d’unità. Se Teresa d’Avila – ed è un
riferimento particolarmente caro e molto presente in Chiara – ha insegnato come
penetrare nel “castello interiore”, individuando gli strumenti più adatti a
quel cammino di interiorità, «è venuto il momento, almeno questa è la nostra
vocazione, di scoprire, illuminare, edificare, oltre il castello “interiore”,
anche il castello “esteriore”. Noi vediamo tutto il Movimento come un castello
esteriore, dove Cristo è presente e lumina ogni parte di esso, dal centro alla
periferia».
Dalla sua esperienza ella scopre ed elabora in maniera
sistematica tutta una serie di “strumenti” che vuole a diretto servizio della
sua spiritualità comunitaria. Valorizza quelli che, con linguaggio improprio,
chiama “strumenti della spiritualità individuale”, come l’interiorità, la
preghiera, il silenzio, la meditazione, la mortificazione, l’ascolto della voce
della coscienza, il discernimento della volontà di Dio…, e nello stesso tempo
propone nuovi strumenti per una spiritualità collettiva, e che sono stati
oggetto della mia relazione: il patto d’unità, la comunione d’anima e delle
esperienze della Parola di Vita, l’ora della verità, il colloquio personale.
Mentre parlavo ho percepito, tra l’altro, il caratteristico tipo
di raccoglimento che si genera nell’unità, non più soltanto quello personale
che porta a guardare Dio in noi, ma quello di tutta la sala, quasi che Gesù ci
raccogliesse in un solo abbraccio e si rendesse presente tra noi.
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