“Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua
madre, e prostratisi lo adorarono”. Come lo adorarono? Sembra un atto
così complesso e difficile. E invece il suo significato etimologico è semplicissimo:
dare un bacio. Lo sapeva bene Giotto che ha raffigurato il primo dei Magi nell’atto
di adorare, ossia di baciare Gesù.
Sembra di ascoltare san Bernardo di Chiaravalle, incantato
come sempre dall’umanità di Gesù: «Che fate, o magi, cosa fate? Adorate un
lattante, in una capanna qualsiasi, in fasce miserabili? E questo sarebbe Dio?
“Ma il Signore nel tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli” (Sal 11,4) e
voi lo cercate in una stalla, sul seno di una madre? Che fate? Perché offrite
quest’oro? E’ forse questo il re? Ma dov’è la sua corte regale, dov’è il suo
trono, dov’è la folla dei suoi cortigiani? Una stalla è forse un palazzo? Un
presepio un trono? Maria e Giuseppe i membri della sua corte? Perché mai degli uomini
sapienti sono diventati stolti al punto da adorare un bambino, che sarebbe da
denigrare piuttosto, sia per l’età che per la povertà dei suoi?».
Anche noi romani questa sera
siamo stati stolti come i Magi. Come ogni anno, tutti in fila a baciare il Gesù
Bambino dell’Araceli a Roma. Oggi non stava nella sua cappella, ma nel presepe,
in braccio a Maria. Poi la processione l’ha portato nel presepe vivente in
piazza del Campidoglio: 180 figuranti, compresi una ventina di ragazzi disabili.
La Sacra Famiglia era interpretata da un nucleo familiare indiano ospite delle
suore di Madre Teresa di Calcutta. Uno spettacolo molto raccolto, vissuto in un
clima di preghiera, che i è concluso con la benedizione di tutta Roma (ne ha
bisogno!). Come non ricordare la messa celebrata a Betlemme?
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