Sto leggendo, per questioni di lavoro, un libro erudito, un
dialogo tra Stanisław
Obierk e Zygmunt Bauman: Conversazioni su
Dio e sull’uomo. Mi si conferma l’idea che una conversazione su Dio può
scaturire soltanto da una conversazione con Dio. Come si può parlare di lui se
non si parla con lui e, prima ancora, non si lasci che sia Lui a parlarci? Papa
Francesco sembra riecheggiare Evagrio Pontico – “È teologo solo chi prega
davvero e solo chi prega è davvero teologo” – quando afferma che “il
teologo che non prega e che non adora Dio finisce affondato nel più disgustoso
narcisismo”.
Il libro di Bauman riprende una tesi in voga da trent’anni,
secondo la quale occorre tornare al politeismo perché il monoteismo sarebbe
violento per natura. Il politeismo “si associa a una pacifica convivenza fra i
modi di essere uomini; al contrario, il monoteismo si accompagna a una lotta
fratricida tra quei modi, a una guerra reciproca fino allo sfinimento o all’annientamento”.
Sono idee che vanno di
moda, anche se in alcuni autori si fanno molto sfumate e intelligenti, come nel
libro di Maurizio Bettini, Elogio del
politeismo, che parla di “adozione di alcuni quadri mentali propri
del politeismo”, non del politeismo come tale.
Questa storia dell’eccellenza del politeismo sul monoteismo,
dovuta al suo irenismo, non nasce certo dalla storia. La guerra di Troia non
era frutto del monoteismo. La più grande macchina da guerra mai esistita, quella
dell’impero romano, fu costruita nel mondo politeista. Lo stesso per le orde
devastatrici di Gengis Khan fino a quelle dell’impero nipponico.
Adesso molti invocano il politeismo come antiautoritario,
risorsa alternativa all’arroganza del monoteismo che demarca confini tra male e
bene generando conflitti. Meglio che non ci siano confini, che ognuno si crei
la sua morale. Politeismo come liberà, tolleranza, rispetto, dialogo, comprensione.
Zygmunt Bauman, sociologo di grande levatura, con
felicissima immagine ha descritto il mondo occidentale attuale come “società
liquida”, senza più punti fermi, ove tutto cambia troppo in fretta, in maniera incerta
e fluida. Su questa icona ha costruito la sua analisi. Adesso si avventura nel
mondo di Dio e sembra proiettare in esso il mondo dell’uomo. Dio appare liquido
anch’esso, e quindi si scioglie in molti idoli. Rendendo Dio liquido Bauman finisce
col liquidarlo.
Mi sembra che la profonda analisi sociologica di Bauman si
stia trasformando in ideologia. La realtà che descrive assurge a verità. Anche
se una verità che lui stesso converrebbe nel riconoscere liquida, e quindi
relativa. La verità con la V maiuscola avrebbe infatti in sé la medesima radice
di intolleranza del monoteismo. Bauman conviene infatti con Maciej Kalarus quando
“chiede che la parola ‘verità’, analogamente a vocaboli come forbici o
pantaloni, possa essere usata solo al plurale… Effettivamente, usare la parola ‘verità’
al singolare… è un po’ come pretendere di applaudire con una mano sola… Con una
mano sola si possono dare pugni sul muso, ma non applaudire”. La Verità
entrerebbe in conflitto con le verità e si imporrebbe distruggendo le altre
verità come false – i pugni sul muso –, così come l’unico Dio ucciderebbe gli
altri dei. O meglio, i detentori della pretesa Verità entrano in conflitto con
quelli che possiedono altre verità – ritenute dai prime come falsità – così
come i seguaci dell’unico Dio entrano in conflitto i seguaci di altri dei –
ritenuti dai primi come falsi dei e demoni.
Questi autori, che pure asseriscono di non credere in nessun
Dio e in nessuno dei mille dei, suggeriscono il politeismo. Secondo loro si può
scegliere come al supermercato, tra un Dio solo o molti dei. Sono idee che trovano
accoglienza nell’agorà contemporanea e vengono promosse dal mercato dei consumi
e dai centri occulti dei poteri, i quali si rafforzano proprio grazie al
relativismo, alle incertezze, al disorientamento. Questo in conformità con l’analisi della
società liquida portata avanti nei tanti studi di Bauman, che ci aveva aperto
gli occhi sulla realtà nella quale stiamo vivendo, dove da un individuo con una
identità stagliata, forte, si sta passando ad un individuo che “spalma” la
propria identità su una pluralità di dimensioni e di appartenenze. Ci aveva
fatto comprendere le potenzialità insite in questo passaggio epocale, ma
soprattutto dei rischi di quella che Durkeim chiamava “anomia”, crisi identitaria,
incapacità di rispondere alla domanda fondativa della vita umana: “Io, chi
sono?”. Ora mi sembra si sia arrivati al capolinea. Anche Dio si è sbriciolato,
liquefatto.
E io dovrei scegliere tra un Dio solo o tra tanti dei, ossia
un dio liquido, che avrà le stesse qualità dell’incertezza, del
disorientamento, della frustrazione, della depressione dell’uomo liquido; un
Dio a immagine e somiglianza dell’uomo liquido. Più ancora, non sono invitato a
scegliere, ma a tornare decisamente al politeismo per poter così salvare l’umanità.
A me sembra piuttosto un suicidio.
Come posso essere io a scegliere chi è Dio? Posso crearmi il
mio Dio? Se lo facessi costruirei in ogni modo un idolo. Posso io decidere dell’esistenza
di Dio? È Dio che ha creato me. E posso io decidere della Verità? È la Verità
che mi possiede. Io posso soltanto accoglierla.
Non sono un filosofo. Sono solo un credente che ripete con i
salmi: “Sei tu, Signore, la mia roccia… I miei piedi hai stabilito sulla
roccia, hai reso sicuri i miei passi”.
Un povero credente, che non sa rendere ragione della sua
fede a questi grandi intellettuali, e non sa rendere testimonianza dell’inesauribile
ricchezza dell’unico vero Dio. Ne parlo loro in maniera troppo riduttiva,
cosificandolo, facendolo apparire come un monolitico statico, senza lasciare intuire
la sua densità di vita talmente pregna e infinita da essere plurale, non nella
parcellizzazione svilita del politeismo, ma nella circolarità amante delle Tre
divine Persone, tra le quali si attualizzano in maniera assoluta il dialogo e
la pace.
Il politeismo riemergerà fintanto che non sapremo far
risplendere sul volto della comunità cristiana il volto del Dio di Gesù Cristo
che, unico e indiviso Dio, vive nella Trinità del Padre, Figlio e Spirito
Santo.
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