Foto di Cagliari |
Domenica scorso, dopo una giornata intensa, ho potuto
finalmente leggere il giornale, grazie al ritardo del volo dell’Alitalia che mi
ha consentito di sedermi con calma in sala d’attesa all’aeroporto di Cagliari.
Il tabellone degli orari indica che, contrariamente al tempo “schedulato”, la
partenza è stimata con quasi due ore di ritardo.
“Schedulato”? Chiedo a una giovane impiegata dell’Alitalia
chi scrive gli annunci sugli schermi. Le faccio notare che quella parola non è
italiana e non è neppure più inglese. Con sicurezza mi sento rispondere che si
tratta di una parola italianissima, tipica del genere letterario
dell’aeronautica.
Mi siedo, apro il giornale, e con gradita sorpresa trovo
l’inserto in inglese, quello vero, non del tipo “schedulato”. Leggo anche
dell’italiano, seconda lingua del mondo, e degli Stati Generali della Lingua
italiana nel Mondo. Mi domando se prima di insegnare la lingua italiana nel
mondo non la si debba insegnare a casa nostra. A cominciare dal Parlamento
della spending review, job act, question time… Non dovrebbe essere la prima
istituzione pubblica a difendere e promuovere la lingua italiana? Occorrerebbe
poi passare alla Rai, fino all’Alitalia. Più che di ignoranza si tratta di
pigrizia mentale.
Torno dalla paziente impiegata e le mostro il giornale. Con
una certa sufficienza mi chiede se sono un professore. Me ne fa quasi una
colpa. Professore, sinonimo di pedanteria, di ignoranza del progresso lessicale
e delle tendenze alla moda. Le domando se rivolgendosi al suo ragazzo le è mai
successo di chiedergli conferma dell’appuntamento schedulato.
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