Alla fermata della metro ho fatto quattro chiacchere con un
amico coreano che legge abitualmente il mio blog. Mi ha detto che gli piace, ma
che in Corea il blog serve soprattutto a comunicare cosa si è mangiato durante
il giorno. Per farlo contento anch’io stasera racconto cosa ho appena mangiato:
due biscotti Tripoli del rinomato forno di Agliana, in provincia di Pistoia.
I biscotti Tripoli, benché artigianali, sono esportati in tanti
Paesi del mondo. Sembra li abbia mangiati anche Giovanni Paolo II e Giuliani, il
sindaco di New York. Io li ho assaggiati per la prima volta questa estate e ne
sono rimasto conquistato.
Ha iniziato a impastarli e a infornarli nel 1950 Guido Tesi,
detto il Tripoli – da cui il nome dato ai biscotti – e la tradizione continua con
la terza generazione familiare.
Questa estate, la mattina che sono partito per tornare a
Roma, ho visto sulla tavola ancora qualche biscotto. Avrei voluto portarlo con
me, ma ho lasciato stare.
La sera dopo entro in una casa a Roma. L’occhio mi va sulla
biscottiera e riconosco i Tripoli. Non posso crederci: cosa ci fanno qui a Roma
i Tripoli di Agliana! “Sapete che biscotti sono?” domando, non vorrei
sbagliarmi. “No, non lo sappiamo, li ha portati qui l’altro ieri Alfredo da Pistoia…”.
Proprio i Tripoli!
A casa racconto l’episodio e nasce un confronto animato tra Cantucci
e Tripoli. Questi ultimi vengono denigrati perché “pieni d’aria”, a confronto
dei compatti Cantucci. A me comunque, pur senza rinnegare i Cantucci, i Tripoli
piacciono da morire.
Non so come, ma la storiella dove essersi diffusa. Fatto sta
che oggi, di ritorno a Roma, mi ritrovo nella valigia una gradita sorpresa: due
sacchetti di Tripoli!
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