La parabola della vita somiglia più al cammino di
Santiago che alla passeggiata pomeridiana sul corso. Questa si consuma in
un’oretta, non ha una meta precisa, serve soltanto per distendersi, sbirciare
le vetrine, salutare i conoscenti… Quello ha una destinazione lontana, sognata
a lungo, dura giorni e giorni, costa fatica. La vita non è una corsa dei 100
metri con scatto veloce, somiglia più a una maratona, che si misura sulle
lunghe distanze e domanda un camminare sicuro e costante… Sì, ci vuole proprio
perseveranza per percorrere una strada impegnativa e raggiungere una meta
lontana.
Nell’etimologia del “perseverare” c’è un per,
che significa “a lungo”, e un severus, che significa “rigoroso”. Implica
una decisione presa con lucidità, ben ponderata, un avvio animato da una
passione, una mèta sicura che richiede fedeltà, coerenza lungo tutto il
percorso, soprattutto quando si fa impegnativo e difficile. È evidente quando
si vuole imparare a suonare uno strumento, a conseguire una laurea. Quando
invece si tratta di costruire dei rapporti, un’amicizia, una famiglia? Allora
sembra che basti il sentimento, che pure è mutevole e passeggero,
l’improvvisazione, la spontaneità. È così che gli impegni pattuiti, le
relazioni personali, le scelte fatte si sciolgono con tanta facilità (e
lasciano spesso ferite insanabili). La vita non può essere presa alla leggera,
esige disciplina, rigore, costanza, fattori necessari perché nasca ogni opera
d’arte, e tale dovrebbe risultare il compimento di una vita. Senza perseveranza
il cammino di Santiago si ferma a metà, un fallimento e cosa racconterai? Anche
il cammino della vita senza perseveranza è un amore senza storia. E l’amore ha
bisogno di una storia, bella, avventurosa, feconda, compiuta, altrimenti che
amore è? Che vita è la vita senza una storia?
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