Visita alla chiesa di san Silvestro al Quirinale nell’anniversario
della consacrazione episcopale di sant’Eugenio de Mazenod.
Nel XII secolo in questo luogo vi era già una chiesa. Fu
completamente restaurata del 1500 grazie a Leone X, figlio di Lorenzo il
Magnifico, che la affidò ai Domenicani fiorentini. Fu allora che venne
affrescata la cappella dedicata a s. Caterina da Siena, della famiglia
domenicana.
In questo ambiente, attorno a Vittoria Colonna e a
Michelangelo Bonarroti, si instaurò un cenacolo di rinnovamento spirituale, che
faceva parte del più ampio evangelismo, e che puntava alla riforma della
Chiesa.
Intanto ai Domenicani erano subentrati i Teatini. Qui
visse sant’Andrea Avellino, il beato Paolo Buralli, il beato Marinoni, san
Giuseppe Maria Tomasi. La chiesa era frequentata da san Carlo Borromeo e da san
Filippo Neri. Nel 1801, dopo l’espulsione dei Teatini, chiesa e convento furono
affidati alla Società della fede di Gesù che, fondati da Niccolò Paccarini,
intendevano ricostituire la Compagnia di Gesù soppressa nel 1773. Apparteneva a
questa Società anche con Bartolo Zinelli, che da Venezia venne a Roma, a san
Silvestro. La Società si sciolse perché Paccarini fu accusato di vari reati. Incarcerato,
riuscì a evadere, ma morì tragicamente nel 1811. Nel 1814 chiesa e convento –
completamente spoglio – furono consegnati ai Vincenziani.
Quando sant’Eugenio
giunse a san Silvestro si trovò subito a casa. In alto, sull’arco che sovrasta
il presbiterio, vide lo stemma… dei Missionari di Provenza. È quello dei
Vincenziani, ma è uguale a quello degli Oblati. Probabilmente sant’Eugenio lo
aveva visto ad Amiens nella loro casa dove per un mese aveva fatto gli esercizi
spirituali in preparazione all’ordinazione sacerdotale: doveva averlo
particolarmente colpito e ad esso si ispirò in seguito per lo stemma della sua
Congregazione.
Si trovò a casa anche perché nella cappella del Rosario
era affrescata la sua Provenza! I capolavori di Polidoro di Caravaggio e
Maturino – inizio 1500 – ritraggono santa Caterina da Siena ad Avignone e santa
Maria Maddalena in Provenza. Santa Caterina nel palazzo del Papa e la conversazione
con Gesù e i santi ricordava a sant’Eugenio le due parti in cui era divisa la
vita dei missionari, contemplazione e predicazione. Santa Maria Maddalena era
la patrona della Provenza e lui tanto aveva fatto perché san Massimino – luogo
in cui sono conservate le spoglie della santa – tornasse al primitivo
splendore.
Ma soprattutto si trovava a casa perché c’era la tomba
del suo amato Bartolo Zinelli, come scriveva a Courtès il 6 dicembre 1825: «ho
pure ritrovato il ricordo, il busto e il corpo stesso sepolto in chiesa di quel
santo sacerdote, di cui hai sentito parlare così spesso, il grande servo di Dio
Bartolomeo Zinelli che fu mio maestro a Venezia ed è morto in odore di santità
sotto questo tetto. La sua causa di beatificazione sarebbe già iniziata da gran
tempo se la Società di cui era membro non fosse stata disciolta (…). Egli aveva
solo virtù (…). È per me una consolazione respirare la medesima aria, offrire
il santo sacrificio sugli stessi altari, pregare sulla sua tomba». La tomba non
c’è più, sparita con la demolizione di parte della chiesa in seguito
all’ampiamento della strada.
Non c’è nessun ricordo neppure di sant’Eugenio, della sua
permanenza in questa casa, della sua ordinazione episcopale in questa chiesa.
Ma la sua presenza è viva, la respiriamo come lui respirava quella di don
Bartolo. È sempre una gioia vivere qualche momento qui con lui, come abbiamo fatto
questo pomeriggio.
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