Ogni mese, da due anni, sulla rivista “Città Nuova”,
pubblico una rubrica di mezza pagina appena, intitolata “In poche parole”. Le
parole che ho scritto quest’anno sono: Armonia, Compassione, Ardore, Preghiera,
Condivisione, Accompagnamento, Essenziale, Mitezza, Effimero, Perseveranza, Animare.
Dopo che sono apparse sulla rivista le pubblico su questo
mio blog. Il resoconto automatico delle statistiche mi dice che i blog che
riportano queste parole sono i meno letti. Penso che sarà altrettanto per la
rivista Città Nuova: la rubrica meno letta. Mi domando se vale la pena
continuare.
Comunque per dicembre devo scrivere l’ultima parola dell’anno
(l’ultima in assoluto?). Ho pensato a Attesa. Potrebbe essere, visto che
a dicembre saremo nel periodo liturgico dell’Avvento, il tempo per eccellenza
dell’attesa.
L’attesa
non consente distrazione, ossia l’essere attratti altrove. Uno dei miei soliti
aneddoti spiega bene che l’attesa richiede concentrazione, vigilanza. Ero in “attesa”
del treno. Stazione secondaria di una cittadina in Francia. Mattinata tiepida,
con un sole splendente in un cielo d’un azzurro terso. Mi siedo sulla panchina
del binario dove deve sostare il treno. Pochi i passeggeri che aspettano assieme
a me. Mi immergo nella lettura di un romanzo classico. Ad un certo momento alzo
lo sguardo e mi ritrovo solo, senza più nessuno attorno. Guardo l’orario: il
treno dovrebbe essere arrivato, fermato e ripartito da una ventina di minuti.
Non me ne sono accorto. Vado in biglietteria per regolare il biglietto e mi
scuso dicendo che mi sono distratto. “No – mi dice il bigliettaio – lei era
semplicemente altrove”. Era vero, non mi trovano al luogo dell’appuntamento, il
romanzo mi aveva portato lontano, in una piazza di Milano nel 1600. Come non
ricordare la pagina evangelica delle vergini saggie e delle vergine stolte. Queste
ultime all’arrivo dello sposo sono altrove, sono a comprare l’olio per le lampade…
e perdono il treno!
Quante
volte Gesù invita a vigilare, ad essere pronti, svegli, perché egli arriverà
all’improvviso. La sposa del Cantico dei Cantici ci confida che anche quando
dorme il suo cuore è sveglio e al minimo rumore riconosce il bussare discreto del
suo diletto (cf. 5. 2). L’amore veglia, l’amore è sempre in attesa. Un’amica,
alla quale avevo chiesto se stava aspettando, mi rispose, “No, amo, aspettando”. Non
era più un aspettare ma un “attendere”.
Vediamo se ne esce una pagina decente per la mia rubrica.
Padre Fabio, continua a pubblicare le tue “parole mensili” ! Io non me ne perdo una, sono preziose.
RispondiEliminaNo don Fabio, perchè smettere??? Qualcuno le legge. A qualcuno fanno bene. Lasciale perdere le statistiche, almeno tu! Personalmente "attendo" nuove parole
RispondiEliminaVeramente le tue parole, fanno bene, per favore non smettere.
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