venerdì 11 marzo 2022

Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità


Il 11 novembre 1965, alla vigilia della chiusura del Concilio Vaticano II, Chiara Lubich scriveva: «Voglio nutrire la mia anima e tutte quelle del Movimento di questi santi decreti... Sarà un periodo formativo sui documenti conciliari... finché saranno sangue del nostro sangue, anima della nostra anima. E tutto ciò continuando a formarci nel nostro spirito e secondo la nostra Opera... Oh! Spirito Santo, facci diventare, attraverso ciò che già hai suggerito in Concilio, Chiesa viva: questa è l’unica nostra brama e tutto il resto serve a questo».

Oggi, a Firenze, alla Facoltà Teologica dell’Italia centrale, è iniziato il Convegno “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità di Chiara Lubich 1 / Dei Verbum e Lumen Gentium”, che continuerà domani a Palazzo Vecchio nella Sala dei Cinquecento.

Se fosse oggi Chiara sarebbe stata chiamata come uditrice o come perito. Lei è stata comunque presente al Concilio attraverso il suo influsso esercitato su vescovi e periti, come è stato bene messo in luce dalle relazioni del Convegno. Ma tanto altro si potrebbe dire ancora. Proprio in questi giorni mi è stato consegnato il “testamento” di p. Harrie Verhoeven, che è stato superiore generale dei Sacramentini. In esso racconta della sua partecipazione al Concilio come perito e della sua profonda amicizia con alcuni padri conciliari, soprattutto Mons. Vanni, che aveva conosciuto proprio in un incontro del Movimento dei Focolari. “Come lui, ero impressionato della vitalità e profondità di questo movimento, con una spiritualità aperta al mondo e davvero in linea con la nostra Congregazione. L’incontro con questo movimento e con la fondatrice, Chiara Lubich, ha avuto una profonda influenza nella mia vita. Avevo compreso meglio che ciò che importa non è studiare la Parola di Dio, ma viverla concretamente. Ho anche scoperto meglio l’unità tra il corpo di Cristo nell’Eucaristia  e il corpo di Cristo che è la Chiesa. Questo favorisce anche l’unità tra la vita spirituale e la vita profana. Quest’ultimo punto fu molto importante per me”.

Narra poi del profondo rapporto vissuto con Mons. Vanni, un vescovo missionario che veniva dalla Cina, particolarmente aperto sulla nuova teologia. Mons. Vanni lo aveva invitato come suo teologo consigliere al Concilio. Verhoeven fu poi invitato come perito. Mons. Palazzini, nel marzo 1963, lo chiamò a partecipate a una commissione che doveva preparare un testo per il Concilio sull’ateismo…

P. Harrie Verhoeven parla anche dei suoi rapporti con altri padri conciliari, come Mons. Kandela, vescovo della Chiesa Armeno Cattolica, e Mons. Paolo Hnilica, e del suo contributo al Concilio anche grazie a questi rapporti.

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