Sono ancora in meditazione del libro di Pomilio, Il Natale del 1833, che descrive la tragica ed eroica lotta di Manzoni nella crisi di fede dentro la fede. Per quanto lotti contro l’incomprensibile agire di Dio, sa che dovrà pure arrendersi. Pomilio rende il dramma interiore facendo scrivere al suo eroe una frase che forse tutti possiamo sottoscrivere perché, in qualche momento della vita, tutti l’abbiamo pronunciata: “Se pure corressi per mari stranieri tornerò sempre, Signore, a far naufragio nel tuo”. Quante volte in un atto di ribellione a Dio abbiamo pensato di piantare tutto. Ma poi viene da dire: E adesso dove vado? E senti che per quanto vuoi fuggire non c’è la farai mai e alla fine torni.
Non è soltanto per immagine di mare e naufragi che mi
tornano alla mente Dante e Leopardi.
Piccarda nel Paradiso di Dante ricorda che tutti gli
esseri vogliono perdersi nella volontà di Dio come in un mare verso il quale tutto
si muove: “E ‘n la sua volontade è nostra pace: / ell’è quel mare al qual tutto
si move” (III, 86-86).
Diversa e pur simile l’esperienza di Leopardi nell’Infinito:
“… Così tra questa
immensità s’annega il pensiero mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare”.
Poesia e mistica continuano a intrecciarsi e si rispecchiamo anche nella nostra piccola vita quotidiana.
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