Sto per terminare le lezioni sulla storia della vita
consacrata, un corso con ben 103 novizie e novizi appartenenti a 16 istituti
religiosi. Con i tempi che corrono sono proprio un bel gruppo: giovani
simpatici, motivati, attentissimi... È per me una gioia e un divertimento stare
con loro.
Racconto le solite bellissime storie, perché il
Vangelo è una fonte inesauribile di ispirazione per la vita della Chiesa.
La Chiesa non solo custodisce fedelmente la parola di
Dio, ma, per la fecondità stessa della Parola e per la costante guida dello
Spirito, la fa fruttificare in una meravigliosa novità di espressioni. Dall’unico
seme del Vangelo germogliano nel suo seno i frutti più diversi.
Fin dagli inizi poi si stagliano alcune figure di
cristiani che attualizzano la vita evangelica in un modo del tutto particolare.
Sono i martiri, le vergini, gli asceti e poi, a partire dalla seconda metà del
III secolo, i monaci. A loro sono concessi doni particolari - carismi - per
sottolineare con una nuova radicalità alcuni aspetti della comune vita
cristiana.
Comincio
sempre con la spiritualità del martirio
Se la vita cristiana consiste nel farsi discepoli
di Cristo fino a riviverne il mistero e diventare un altro Cristo, nessuno l’ha
vissuta meglio del martire che ha seguito Cristo fino a morire con lui. A
cominciare da Stefano i martiri diventano l’esempio di come si vive da
autentici cristiani. Essi sono «discepoli e imitatori del Signore, per l’attaccamento
insuperabile che essi ebbero verso il loro re e maestro» (Martirio di Policarpo, 17,3). Ignazio di Antiochia, martire del II
secolo, scriveva che solo quando sarà ucciso per Cristo potrà dirsi veramente
cristiano.
Non tutti potevano diventare martiri, ma il
martirio costituiva un modello costante di ciò che significa essere cristiani.
Il cammino spirituale era animata dal loro esempio ed era comune considerare la
vita come una preparazione costante all’eventuale martirio. I Padri esortavano
al martirio e ne tenevano acceso il desiderio. La lettura degli Atti dei
martiri nelle assemblee liturgiche approfondiva le motivazioni che avevano
ispirato i “testimoni” nel loro sacrificio. La loro imitazione di Cristo, che
in essi aveva vinto l’Avversario, la prova di amore perfetto da loro
dimostrata, la loro azione di grazie per essere uniti alla morte redentrice di
Cristo, hanno mantenuto vivo nelle comunità il fervore e il desiderio di donare
la propria vita, così come hanno insegnato a ricorrere ad essi come
intercessori che vivono con Cristo.
Ci si domandava, anche durante il tempo delle
persecuzioni, se non ci fosse stato un modo di vivere il martirio pur senza
essere uccisi per il nome di Cristo. C’è una sostituzione possibile al
martirio? La vita quotidiana, con le sue esigenze evangeliche, se vissuta con
perfezione, poteva considerarsi un autentico martirio. Nello stesso tempo
alcuni cristiani cercano nella verginità e nell’ascesi la via per imitare più
da vicino l’esempio di amore supremo dato dal martirio.
Nessun commento:
Posta un commento