A intervalli
regolari lungo la vallata compariva la lunga lenta ordinata carovana dei cammellieri
che traghettava sale e spezie. Anche quella sera si accamparono vicino alla cella
di apa Pfnunzio. Alcuni mercanti salirono da lui. Non gli rivolsero, come
solevano fare, la domanda di rito: “Apa, dicci una parola”, che permetteva all’anziano
di depositare una stilla di sapienza nel cuore di quegli uomini bruciati dal
sole. Quella volta erano loro che avevano una parola per lui: “La tua venerata
anziana madre, non è più”.
Era
passati tanti anni da quando l’aveva lasciata al villaggio per seguire l’invito
del Maestro a seguirlo. S’era fatto anziano, eppure la mamma continuava ad
attenderlo, nella casa paterna, ormai divenuta casa materna. Il Signore l’aveva
lasciata a lungo sulla terra perché continuasse, col suo magistero silenzioso,
a insegnare alle figlie come amare i mariti, i figli e i figli dei figli, in
ossequio all’insegnamento di Paolo trasmesso a Tito: “Le donne anziane si
comportino in maniera degna dei credenti… sappiano insegnare il bene, per
formare le giovani all’amore del marito e dei figli… siano dedite alla famiglia”.
Anche
per lei, “sazia di giorni” come gli antichi patriarchi, il tempo si era computo.
L’apa
pregò con gli uomini annunziatori e li confortò, capace di infondere in loro la
pace che aveva in sé.
A sera
lo assalì, improvviso e inatteso, un pensiero: “Non ho più casa”. La casa nella
quale era vissuto al villaggio non era più la sua casa. Lo sapeva. L’aveva
lasciata tanto tempo prima. Ormai la sua casa era la laura dove condivideva la
vita con i sei fratelli, anche se ognuno dimorava nella sua cella. Perché allora
quel “non ho più casa”? La casa si identificava con la mamma. Lei non c’era più
e neppure la sua casa. Si sentì spaesato, senza più radici.
Non immaginava
di essere così attaccato alla casa, lui monaco consumato negli anni, che alcuni,
nonostante la sua pochezza, consideravano maestro. Quanti altri attaccamenti c’erano
ancora in lui, di cui non sapeva neppure l’esistenza? Il giorno seguente
sarebbe andato a deporre il suo peccato nelle mani di apa Melezio. Consapevole
della sua miseria, si addormentò nella pace.
Al risveglio
del mattino si prostrò davanti alla Tutta Santa e non trovò in sé attaccamento
alcuno. Si era sbagliato, il suo non era un attaccamento, ma qualcosa di molto
più profondo e radicato nella stessa carne, era un legame quello che aveva con
la casa, un legame rimasto nascosto fino a quel momento. L’attaccamento è frutto della volontà, il legame è frutto della
natura. Non l’aveva scelto lui quel vincolo, era segnato nella sua stessa
carne. Da un attaccamento ci si distacca, da un legame… soltanto chi l’ha creato
può scioglierlo.
Era stato
Dio a legarlo alla madre e a radicarlo alla “casa”. Adesso lo aveva sciolto, rendendolo
libero. Poteva correre, proteso in avanti, dimentico del passato, per afferrare
Cristo, da cui era già stato afferrato.
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