Il grande Ivo Beaudoin mi ha raccontato
una delle più belle storia d’amicizia della spiritualità cristiana, quella tra Eugenio
de Mazenod e Francesco de Paoli Enrico Tempier.
Durante i primi anni di ministero ad Aix, Eugenio
non trovò nessun amico nel giovane clero. Ne soffriva. Il 12 settembre 1814, scrisse
a Charles de Forbin-Janson, con il quale aveva vissuto il seminario: «… sono solo.
Sei il mio unico amico». Cercava un confidente, un collaboratore animato dallo stesso
zelo.
In Enrico Tempier trovò finalmente l’amico
«nel senso pieno del termine», proprio come lui desiderava.
Già nella prima lettera che gli scrisse il
13 dicembre 1815 leggiamo: «Conto su di voi più che su me stesso per la regolarità
di una casa che, nella mia idea e le mie speranze, deve ripetere la perfezione dei
primi discepoli degli Apostoli»; e nella seguente: «Il mio cuore mi ha fatto sentire,
caro amico e buon fratello, che voi siete la persona che il buon Dio ha riservato
per essere la mia consolazione» (15 novembre e 13 dicembre 1815).
Eugene de Mazenod aveva momenti di entusiasmo,
ma ha passato anche ore grigie di dubbio, incertezza e sconforto. Ha sempre
vissuto gli eventi in maniera passionale: provocavano in lui grandi gioie o
grandi tristezze. Non poteva tenere per sé quanto gli bolliva dentro; doveva parlare,
condividere, lasciare che i suoi sentimenti esplodessero. Per fortuna aveva con
lui Tempier, calmo, capace di ascoltare, e poi di suggerire ciò che si sarebbe dovuto
fare.
Padre Tempier era per lui una presenza
preziosa. Spesso glielo ripeteva e ne graziava il Signore.
Leggiamo in proposito alcuni estratti delle
sue lettere.
Da Parigi, il 25 luglio 1817: «Sono molto triste
nel sentirmi a duecento leghe dai miei cari e carissimi amici, dalla mia famiglia,
dai miei figli, dai miei fratelli e specialmente da voi [Tempier], il mio unico».
Quando padre Tempier lascia Aix per N.-D. du
Laus, riceve spesso lettere in cui il Fondatore gli esprime tutto l’affetto e ripete
la sua fiducia: «Quando a voi, non ho nulla da aggiungere a ciò che sapete dei miei
sentimenti nei vostri confronti; vi amo tanto quanto me stesso, e la mia fiducia
in voi è tale che mi sarebbe impossibile nascondere il minimo dei miei pensieri.
Mi sembrerebbe di fare un furto, un crimine di lesa-amicizia che non potrei perdonarmi».
«Cominciando la mia lettera vorrei dirvi, mio caro amico, quanto sono stato toccato
dai sentimenti che nella vostra ultima lettera mi esprimete in maniera così edificante.
Ho riconosciuto in questa prima pagina il vero religioso, l’uomo giusto, il buon
cuore, il mio caro Tempier tutto intero. Ringrazio incessantemente Dio per avermi
associato a voi e lo supplico di riempirvi sempre di più del suo spirito per il
nostro più grande vantaggio comune...» (1 aprile 1821, 15 agosto 1822). «Addio,
mio caro e fedele compagno, figlio, fratello e caro padre» (21 ottobre 1828).
Il Superiore Generale ripete spesso che il
suo primo assistente è “un altro se stesso”, nel quale ripone tutta la sua fiducia
per gli affari della Congregazione. Quando padre Tempier partì per il Canada nel
1851, il Fondatore gli scrisse: «Oh! Quanto è stato doloroso per il mio cuore il
momento della separazione! Per consolarmi ho bisogno di ricorrere a questo divino
Maestro, che ha ispirato e mantenuto la nostra unione semisecolare». Ai Padri del
Canada aveva annunciato la visita con queste parole: «Sarete contenti di questo
visitatore, il mio primo compagno di famiglia alla quale tutti apparteniamo. Potete
parlargli con la stessa fiducia che avete in me; abbiamo un solo cuore e un’anima,
come vorrei che fosse per ognuno di voi. Questo è sempre stato il nostro distintivo,
come quello dei primi cristiani. Molti, avendolo dimenticato, si sono allontanati
dallo spirito che volevo stabilire nella nostra Congregazione».
Quando uno dei due era assente, si scrivevano
ogni settimana e anche ogni due o tre giorni.
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