Lo
scorso anno ero in India, ma quest’anno eccomi nuovamente immerso nelle sane
tradizioni. Santo Stefano, patrono di Prato. La città si ritrova nella
cattedrale. La città… naturalmente una parte, di una certa età.
Bello,
pieno di luci, coreografie, dai figuranti in costumi medievali che suonano le
chiarine all’inizio, a metà e alla fine della messa, all’Ordine cavalleresco
del Santo Sepolcro in alta uniforme (tutti rigorosamente disarcionati), dame
con pizzi…
In
mezzo a tutta questa sceneggiatura barocca è un po’ difficile riconoscere l’ultima
cena di Gesù. Povero Papa Francesco, la sua riforma evangelica rimane ancora un
po’ lontana.
Per
fortuna c’è il sasso, in bella mostra sull’altare (in una preziosa teca che
merita la vigilanza dei carabinieri!). Forse nessuno ci fa caso. È una presunta
reliquia, uno dei sassi con cui sarebbe stato ucciso santo Stefano. Indubbiamente
è un simbolo forte, ci ricorda che il cristianesimo è una cosa seria. Abbiamo proprio
bisogno di una sassata in testa, che ci rimetta sull’attenti.
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