P. Clyde Rauche - che ha plasmato il gesso con l'Annunciazione di cui ho parlato ieri - è stato diversi anni nella nostra casa di via Aurelia, con vari compiti. È un artista fine. Si è dedicato soprattutto a dipingere le icone. Anche adesso, in Taxas, dove vive, tiene costi di iconografia per insegnare non soltanto a disegnare ma a contemplare e pregare.
Tra i lavori che ha lasciato qui a Roma c’è questa icona della Vergine Madre di Dio. È sulle scale, al secondo piano, dove si trova la mia stanza. Ogni giorno la incrocio tantissime volte, soprattutto al mattino, quando salgo recitando l’Angelus Domini e davanti a lei ripeto le sue parole: “Eccomi, sono la serva del Signore”, con l’inaudita conseguenza che “il Verbo si fece carne”.
Nelle linee di formazione per il noviziato, sant’Eugenio aveva fatto scrivere:
“È
possibile amare veramente Gesù senza amare la sua divina Madre? Che imbarazzo
per noi, suoi figli, suoi Oblati, se non l’amassimo di un amore infuocato, se
non avessimo per lei una dedizione senza limiti! È nostra madre. Ha diritto da
parte nostra ad uno scambio di tenerezza filiale. Ella sarà rifugio, forza
nella debolezza, avvocata presso Dio, consolazione nell’angoscia della prova,
cammino più breve e più sicuro verso l’amore di Gesù. Faremo di tutto per
esprimerle il nostro amore. Quando si ama, si trovano mille modi per
testimoniare la tenerezza.
O novizi della
Santissima e Immacolata Vergine Maria, se voi sapeste quale grazia Dio vi ha
fatto, ponendovi nella famiglia di predilezione della sua divina Madre. Mai
comprenderete tutto quello che essa fa per voi, e tutto quello che dovrete a
Lei nella vostra vita in avvenire.”
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