Metà dell’umanità
vive oggi nelle città, sempre più numerose, sempre più grandi, evoluzione di
una storia iniziata più di 5.000 anni fa in Egitto lungo il fiume Nilo, in
Mesopotamia tra il Tigri e l’Eufrate, in Cina lungo il Fiume Giallo, in India
lungo il fiume Indo. Una storia affascinante, che presto ha conosciuto tensioni
feconde tra mondo urbano e mondo rurale; tra città ideale e reale; tra utopia e
storia; tra la città costruita da Caino e quella costruita da David; tra la
Gerusalemme terrena, edificata dal basso, e quella celeste, che scende
dall’alto; tra la città degli uomini e quella di Dio.
La storia ha
conosciuto ulteriori tendenze contrastanti. Da una parte l’abbandono della
città, dovuto non solo a invasioni, calamità naturali, ma a volte anche perché
considerata luogo di perversione o almeno di distrazione, dall’altra la ricerca
della città, agognata come luogo di convivenza sociale. L’esaltazione della
vita rurale è stata oggetto di movimenti di pensiero e letterari, come
l’Arcadia, il Romanticismo. Altre volte ha dato vita a eventi crudeli e
sanguinosi, come con i Khmer Rossi di Pol Pot, in Cambogia, che in pochi giorni
svuotarono la capitale Phnom Penh, deportando in massa la popolazione nelle
campagne, tentativo estremo per denunciare la corruzione della città e la
ricerca ideale di una nuova società. Per contro in tanti fenomeni migratori
vengono fondate città alle quali non di rado viene dato lo stesso nome di
quelle di provenienza, nella volontà di conservarne la cultura.
Scelte analoghe
sono presenti anche all’interno del cristianesimo: da una parte la fuga nel
deserto, nelle selve, sulle montagne o nelle isole remote, propria del
monachesimo che in tali luoghi ha edificato celle e monasteri, in cerca di
solitudine e silenzio, di un rapporto ravvicinato con Dio ritenuto impossibile,
o almeno difficile, nel consorzio umano della città. Dall’altra l’elezione
della città a luogo d’incontro, di fraternità, di condivisione della fatica
umana, propria, ad esempio, degli Ordini mendicanti, che hanno costruito i
conventi all’interno della cerchia urbana.
La storia del
pensiero, assieme alla prassi di uomini illuminati, ha oscillato tra il
desiderio di rinnovare la città, ogni volta che se ne percepiva la decadenza, e
quello di fondare città alternative, disegnate su determinati ideali.
Quest’ultima tendenza, figurata già da Platone e riproposta soprattutto nel
periodo del Rinascimento, è all’origine di precisi progetti urbanistici, come
Pienza o la medicea Città del Sole, così come delle reducciones e delle misiones
di Francescani e Gesuiti in Centro e Sud America, delle comunità di Quaccheri e
Amish nel Nord America.
Davanti
all’attuale urbanizzazione sempre più massiccia e all’espandersi delle megacities,
la città è oggetto d’interesse, di indagine, di dibattito tra sociologi ed
economisti, urbanisti e architetti, politici e ambientalisti. In essa si gioca
il presente e il futuro dell’umanità.
Anche la Scuola
Abbà, centro internazionale di studi del Movimento dei Focolari, intende
offrire, con queste pagine, un primo contributo in merito. Lo fa leggendo uno
degli scritti più famosi di Chiara Lubich, frutto di una sua esperienza poi
trasmessa in un articolo apparso sulla rivista «La Via» nel 1949.
Così inizia la mia Presentazione del libro
Resurrezione di
Roma. Dialoghi interdisciplinari su città, persona e relazioni a partire da un
testo di Chiara Lubich, l’ultima opera della
Scuola Abbà consegnata alle stampe in questi giorni.
Un lavoro svolto con una interessante metodologia come avrò modo
di spiegare in seguito.
Buona lettura!
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