In quel tempo,
Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un
padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua
vigna… Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un
denaro… “Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle
mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». (Mt 21, 28-32)
Chi se
lo sarebbe mai aspettato che l’ultimo arrivato fosse il primo ad entrare in Paradiso.
Non era nemmeno una persona per bene. Era semplicemente un povero delinquente.
Lui stesso riconobbe la giustezza della condanna capitale che i Romani gli
avevano inflitto, eseguita con il più crudele dei supplizi, la crocifissione.
Eppure proprio a lui Gesù promise la grazia più grande: il paradiso, la
compagnia più felice: stare con Lui, l’immediatezza del dono: “Oggi, sarai con me, in paradiso”. La
parabola degli operai dell’ultima ora si è fatta realtà, gli ultimi sono diventati
i primi.
Era
difficile per gli Ebrei, eletti fin dalla prima ora, accettare che Gesù
chiamasse anche altri popoli a far parte del nuovo popolo e a lavorare nella vigna
del Signore con pari dignità e diritti. Anche il figlio maggiore, nella
parabola del padre misericordioso, era geloso del fratello minore trattato, a
suo parere, con troppo amore.
Quando genitori
di umile origine vedono che il figlio avanza nella scala sociale e diventa un
personaggio stimato e influente, ne sono orgogliosi e non invidiosi, perché lo amano
e per lui sognano il meglio. Sono contenti di lavorare sodo per lui e non
risparmiano sacrifici. Non devo essere contento anch’io se vedo i miei fratelli
diventare più bravi di me, sorpassarmi nell’amore di Dio e nella via della
santità? Essi sono parte di me, membra del corpo di cui faccio parte. L’amore
gioisce nel vedere le meraviglie che Dio opera attorno a sé.
Occorre
entrare nella logica dell’amore, che non contraddice la giustizia, ma la
sorpassa infinitamente. Non fa torno a nessuno, il Padre, quando distribuisce i
suoi doni come vuole. Egli dà ad ognuno ciò di cui ha bisogno, ed egli sa cosa
è bene per l’uno e per l’altro. Ma come può, lui che è l’Amore, non prediligere
gli ultimi, i più piccoli, i più deboli, gli indifesi?
Ci è
stato chiesto di essere perfetti come il Padre. Superare la legge del dovuto,
non per infrangerla, ma per un di più di amore gratuito verso chi più ne ha bisogno.
Padre buono,
estirpa dal nostro cuore
ogni invidia
e contagiaci con la tua bontà.
Donaci la tua generosità,
il di più dell’amore,
così da dare senza misura
e godere del bene degli altri
come del nostro stesso bene
che da te riceviamo
con gratitudine.
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