Nonna Caterina |
In questi giorni papa Francesco ha detto che l’Eucarestia
non è premio per i buoni ma forza per i peccatori.
Mi è tornata in mente una lettera di sant’Eugenio
de Mazenod, alla nonna materna,
Caterina Elisabetta Joannis, in occasione dell’onomastico, il 3 dicembre
1810:
Che errore credere che per disporsi degnamente a questa
partecipazione frequente occorra inerpicarsi in una solitudine inaccessibile e
lasciare agli altri la cura degli affari temporali. I primi cristiani, istruiti
dalla bocca stessa del Salvatore e degli Apostoli, non la pensavano così, loro
che comunicavano tutti i giorni, nonostante le preoccupazioni e i piccoli
difetti che san Paolo e i Santi Padri rimproverano loro.
È un altro errore nel quale oggi si cade troppo facilmente. Ci si immagina, cioè, che occorre essere
perfetti per comunicarsi frequentemente. La perfezione l’acquisteremo in
cielo. Il solo e unico modo per avvicinarvisi, quaggiù, è comunicarsi spesso.
Questa è la dottrina del Santo Concilio di Trento, che insegna che il divin Sacramento è un rimedio per
guarirci dalle nostre mancanze quotidiane. (…)
Avviciniamoci più spesso che possiamo al Sacramento nel
quale l’amore del nostro Salvatore si è donato fino all’estremo per noi.
Ricordiamoci il suo comando. Ringraziamolo mille volte per avercelo donato.
Vedendolo sotto le specie del pane, dovremmo riconoscere che
questo simbolo esige da noi che ci nutriamo frequentemente, che la nostra
anima, per sostenersi, ha bisogno di tornarvi spesso, come il nostro corpo, per
non venir meno, non si contenta di mangiare una volta ogni tanto. (“Écrits
oblats”, 14, 194-196)
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