Ancora sulle strade di Kinshasa con i soliti infiniti
ingorghi agli incroci delle arterie principali e l’ininterrotto distendersi del
marcato lungo i marciapiedi. Questa volta il cammino mi porta nel quartiere Selembao-Bumbu,
dove si trova un carcere, con circa ottomila detenuti. Un carcere “umano”, come
dice p. Mimmo, perché le famiglie possono giungere fino alle celle dei propri
congiunti per portare il cibo. Gli Oblati della parrocchia Gesù Salvatore sono
cappellani qui come in un altro carcere, come in diversi ospedali.
Per raggiungere la meta di oggi devo lasciare la strada
asfaltata e inoltrarmi ancora una volta in una piste di sabbia, fino al Centro
Siloe, fiore all’occhiello delle COMI.
Giunte in Congo nel 1996, il 17 agosto 2002,
inaugurarono questo dispensario, che gradatamente si è arricchito di altri
servizi per i malati del quartiere : maternità e consultorio prenatale,
prevenzione e cura dei tubercolosi, assistenza ai bambini malnutriti.
Quando arrivo i locali sono già pieni di persone in attesa
di analisi, visite. Le stanzette della maternità ospitano un bel gruppo di
mamme con i bambini appena nati. Infermiere e levatrici in questi anni non
hanno mai lasciato morire un bambino. È un vero miracolo se guardo alle
condizioni in cui è gestito il dispensario, ma il metro di misura non può
essere il nostro standard. Se il metro di misura sono le casupole e le
condizioni igieniche del quartiere (tra l’altro senza fognature, come tutta
Kinshasa) ho davanti a me un centro di eccellenza. Per un altro miracolo che
solo donne coraggiose come le COMI sanno compiere, il centro è giunto ad
autofinanziarsi e a stipulare un contratto regolare con gli impiegati.
Il miracolo più grande rimane tuttavia l’esplosione di vita
di cui anche questo piccolo centro è testimone: qui vengono al mondo una
novantina di bambini al mese. I bambini, la ricchezza di questo mondo povero.
In questi giorni ho potuto conoscere più da vicino anche le
COMI, soprattutto le prime congolesi. Una vocazione non facilmente
comprensibile quella di un istituto secolare in questo contesto. La sua
componente missionaria offre loro una marcia in più per vivere in mezzo alla
gente con competenza e gioia, per testimoniare una stile di vita e di relazione
basato sulle beatitudini.
Antonietta, italiana, dopo anni di presenta a Kinshasa, si
appresta a tornare in Italia affidando completamente in mano alle congolesi la
comunità e il centro Sileo. «Ogni giorno, mi dice, siamo chiamate a custodire
il delicato equilibrio tra l’essere e l’agire, per poter vivere come “altre Maria
di Nazaret”. L’Istituto è radicato nella Repubblica democratica del Congo e sarà
Maria, con il suo amore previdente e tenero, ad accompagnare il suo sviluppo».
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