Pubblico volentieri un’esperienza che mi è giunta via e-mail.
“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola
c’è bisogno.”
Leggendo la Parola di vita di questo
mese, mi ci sono proprio ritrovata e mi fa piacere condividere con tutte voi
qualche piccolo pensiero. Da qualche mese, ormai, svolgo tre lavori (come
ingegnere, insegnante e tecnico di parte per un processo) e seguo i corsi
all’Istituto di scienze religiose, più qualche altro impegno qua e là tra
parrocchia e diocesi… Insomma, il rischio di essere fagocitata dagli impegni
non mi manca!
La sorpresa,
lavorativamente parlando, è arrivata a marzo ed è stata la supplenza di 19 ore
a settimana in un liceo artistico, come docente di religione.
“…rimanere attenti
agli altri, ascoltare le persone che ci sono vicine… Egli attende dunque da noi
dedizione, passione nel lavoro che ci è dato da compiere, inventiva, audacia,
intraprendenza.”
Questa è la frase che
più di tutte mi risuona dentro se penso alla mia avventura a scuola, che si sta
ormai concludendo. Stare attenta ed ascoltare gli altri è stato quello che ho
cercato di fare.
Scuola “strana” il
liceo artistico: capelli colorati, piercing in ogni dove, treccine e rasta,
trucco esagerato (non solo da parte delle ragazze!), abbigliamenti… da artisti,
domande provocatorie e altre inaspettate (“ci parla della perversione e del
sadomaso?”). Ma in fondo, tutti con un gran bisogno di essere ascoltati e
prontissimi ad ascoltare. Tutti, sia gli studenti che gli insegnanti. Mi sono
spesso ritrovata in sala insegnanti a parlare di scienza e fede, come se fossi
in classe. Tutti hanno bisogno di Verità!
E’ certo impegnativo
sotto tutti i punti di vista. Con ogni ragazzo avrei voluto creare un rapporto
unico. In ogni ora di lezione avrei voluto dire tutto e di più.
Come per Marta, il
rischio è che sia il lavoro a prendere il sopravvento. E’ questo rischio è
forse più forte quanto il lavoro è quello da ingegnere, ma in classe credo che
sia più forte il desiderio di fare attenzione a chi ho davanti.
L’altro giorno in una
seconda mi hanno detto “lei è la sola che la mattina ci chiede come stiamo e
che ci guarda”. Angelo, di prima, con una famiglia disastrata alle spalle,
viene tutti gli intervalli a salutarmi. Piero, di quinta, che all’inizio era
super polemico su tutto, ora è il primo ad ascoltare e dialogare. Sono più o
meno 130 ragazzi e ognuno è un dono!
Quello che mi
risuona dopo questa esperienza, è proprio quello che colgo da questa parola di
vita: fare, vivere, accogliere come Marta, ma senza perdere di vista il perché
e per Chi lavoriamo. Per quanto mi riguarda, ora l’impegno è quello di far mia
questa verità qualsiasi sia il lavoro a cui Lui mi chiama!
“Nel compiere le
“molte cose” non saremo distratti e dispersi perché, seguendo le parole di
Gesù, saremo mossi soltanto dall’amore. In tutte le occupazioni faremo sempre
una cosa sola: amare.”
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