In questo tempo pasquale possiamo chiederci qual è il
mondo nuovo nato dalla risurrezione di Cristo.
Gesù lo aveva annunciato lungo tutta la sua missione
profetica.
Il discorso della montagna ne è una chiara
proclamazione. Ad una certa visione del mondo, “Avete udito…”, ne contrappone un’altra, la sua, “Ma io vi dico…”.
Il
mondo nuovo che Gesù è venuto a portare è un mondo che ha per Dio un Padre
misericordioso, che ha cura di tutte le sue creature e provvede loro ciò di cui
hanno bisogno.
È
un mondo nel quale regna la giustizia e l’uguaglianza; dove l’altro è
rispettato, amato, servito, messo al primo posto; dove vi è il perdono
reciproco.
È
un mondo nel quale i piccoli, i poveri, gli svantaggiati hanno il primo posto,
dove le lacrime si tramutano in gioia, le ricchezze sono date in elemosina.
È
un mondo nel quale la natura è contemplata e rispettata, come faceva Cristo che
sapeva guardare i gigli dei campi e gli uccelli del cielo, le aurore e i
tramonti, il soffiare dei venti e lo scroscio della pioggia.
La casa degli Oblati a Pozuelo, Madrid |
Il mondo nuovo annunciato da Gesù ha trovato il suo
compimento a Gerusalemme dove, grazie alla sua morte e risurrezione e all’effusione dello Spirito, nasce una comunità composta da «uomini religiosi di tutte le nazioni che sono sotto
il cielo» (2,5). Luca ha davvero contato tutte le nazioni presenti a
Gerusalemme? Ma no, voleva semplicemente dire che quel giorno lo Spirito ha
ricostituito l’unità di tutto il genere umano. Tutte le nazioni hanno ritrovato,
nell’unità della comprensione reciproca, la loro più profonda comunione. Nel nuovo mondo della Pentecoste le molte lingue
sanno dialogare tra loro, comporsi in armonia: si intendono. È l’inizio della nuova umanità, del nuovo popolo di Dio.
Dà
qui sono partite le mie conversazioni che sto rivolgendo a una quarantina di
Oblati provenienti da tutta Europa e riuniti a Pozuelo, Madrid. Ancora una volta continua il miracolo della
Pentecoste: tutti ci capiamo e si forma un cuore solo e un’anima sola: inizio
di quel mondo nuovo che, come missionari, siamo chiamati ad annunciare.
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