Nei giorni attorno a Natale è d’obbligo passeggiare per le
vie di Roma per vedere luci e vetrine. Ma a Natale è d’obbligo visitare il più
antico presepe del mondo, scolpito da Arnolfo di Cambio, in santa Maria
Maggiore, alla fine del 1200. La basilica, già dal 432, custodisce le reliquie
della colla di Betlemme, allora collocate nella “Grotta della Natività” e oggi
nella teca della Confessione.
Roma riserva tante altre sorprese. Questa mattina, presto
presto, prima che arrivasse la folla di turisti e pellegrini, sono stato in san
Pietro e ho ammirato il presepe all’interno della basilica. Un presepe
classico, con l’evolversi graduale della giornata dalla notte al giorno, una
sobria animazione (non come in quei presepi dove tutti lavorano come
forsennati), scene ben curate.
Ciò che mi ha colpito è stato un bambino, all’estremità del
presepe, quasi fuori della scena, che esplode in un grido di gioia, con le
braccia spalancate, incantato dalla nascita di Gesù Bambino.
Mi è sembrato l’icona dell’atteggiamento più adeguato davanti
al Natale. L’ho accolto come un invito ad andare da Gesù come fosse il primo
Natale, e – quando tutto attorno parla di morte, corruzione, violenza – lasciarmi
sorprendere dall’esplosione di vita che irradia dal presepe, dalla purezza, generosità,
mitezza e tenerezza di Dio che appare tra noi.
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