Erano le sei di sera nelle Filippine
quando il papa, dalla finestra del suo studio – ore 12 di Roma – annunciava la
nomina dei nuovi cardinali. L’arcivescovo di Cotobato era a cena e quindi aveva
spento il cellulare. Quando lo riaccende una pioggia di messaggi, tanto che il
telefonino si blocca. “Deve essere successo un disastro”, si dice preoccupato.
Tra i vari messaggi vede il nome del cardinale di Manila. Allora lo chiama
subito. E così apprende la sua nomina a cardinale. “Era proprio vero, ha poi
commentato, era accaduto proprio un disastro! Proprio ora che ho raggiunto i 75
anni e stavo per scrivere la lettera di dimissioni da vescovo”.
Oggi la berretta. “Ti incoroneranno
cardinale!”, gli avevano detto partendo dalle Filippine. “Sì, ha riposto, ma di
spine”. E oggi ha ricevuto la berretta come fosse una corona di spine, che
identifica con i problemi della sua gente e la grande povertà della sua isola
di Mindanao.
Gli abbiamo fatto festa sabato
scorso, qui in casa, che come Oblato è anche casa sua. Ci ha raccontato la
storia della sua vita: un vero romanzo! Sempre vicino alla gente, con fermo
proposito di attuare il Concilio, di dialogare con i musulmani, di assecondare
il processo di pace, di combattere la corruzione.
Ha ricevuto la porpora nella giorno
della festa della cattedra di Pietro: “Non dobbiamo dimenticare chi è un
cardinale. Non è un privilegiato, ma un uomo di Dio che viene chiamato ad
aiutare il Papa e gli porta la voce della sua gente. Io sarò dunque una specie
di portavoce ufficioso della mia isola, affinché i problemi della gente – le spine,
se vogliamo usare questa immagine – possano essere conosciuti da tutti e
possibilmente risolti”.
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