Quando in sul sabato il sole, verso l’ora nona, smussava i dardi infuocati e l’aria di faceva più mite, i probatissimi monaci uscivano dalle loro celle e si incamminavano verso il luogo convenuto. La solitaria vita non impediva d’essere uniti insieme per vincolo d’amore... Ciascuno procurava alcuna coserella da mangiare, chi noci, e chi fichi, e chi datteri, e chi erbe, e chi le lunga radice della pastinaca dal sapore dolce aromatico e così insieme facevano carità. Sotto la scorsa indurita dal vento e dal sole, che li faceva apparire rozzi e irsuti, si nascondevano cuori docili e attenti.
Apa Pafnunzio da un po’ di tempo rimaneva tuttavia contrariato e quell’adunanza, per lo solito così fraterna e coriale, non gli rallegrava il cuor com’era d’uso per l’innanzi.
Uno dei fratelli mai gli contraccambiava il saluto; nel cerchio dei fratelli teneva il luogo più lontano da lui e anche quando Pafnunzio volutamente gli si metteva accanto egli sembrava ignorarlo. Un altro gli indirizzava parole pungenti, canzonandolo in maniera beffarda, tanto da fargli male.
Le attenzioni e il discreto interesse che gli altri mostravano per lui non valevano a compensare l’amaro che gli procuravano i primi due. Era come se nel cibo buono qualcuno avesse messo assenzio.
Sulle prime Pafnunzio tornava nella sua cella col cuore triste. In seguito si domandò se non dipendesse da lui l’atteggiamento indifferente e financo ostile dei due eremiti. Ricordò che non doveva togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello, ma la trave dal suo e che non gli importava se essi gli dimostrassero amore: certamente lo avevano nei suoi confronti, era lui incapace di coglierlo. Era lui che doveva amare.
Pazientò in questo nuovo atteggiamento per lunga pezza, fin quando un sabato il primo gli si mise accanto e gli domandò se mancasse di qualcosa e se avessi bisogno di aiuto per la cura della sua cella; il secondo gli confidò i suoi dolori e i suoi peccati.
Il sabato seguente apa Pafnunzio portò un orciolo d’olio perché tutti inttingessero la loro crosta di pane. Tornarono a vivere insieme per vincolo d’amore. (I detti dei Padri del deserto di Scite, 40)
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