Pafnunzio, il vecchio
eremita, aveva un solo desiderio, amare appassionatamente il suo Dio con tutto
il cuore, l’anima, la mente, le forze. Avrebbe voluto amarlo proprio in quel
momento in cui sentiva di volerlo amare, senza aspettare più tardi. Avrebbe
voluto amarlo come nessun altro avrebbe mai potuto amarlo. Quando però guardava
il suo cuore ritrovava a stento quell’amore primo che lo aveva mosso a lasciare
tutto per il deserto. Come in un terreno incolto erano cresciuti tanti cespugli
d’erbe selvatiche, tanti altri piccoli amori che assediavano il primo amore.
Ormai era troppo vecchio per mettersi di nuovo a coltivare il campo con le
energie che aveva da giovane quando estirpava sul nascere ogni gramigna, con
l’ardore del neofita. Voleva amare, ma non sapeva più come si fa ad amare con
tutto il cuore, l’anima, la mente le forze. Si addormentò con la nostalgia di
un amore grande grande… Nel buio della notte venne l’apostolo Paolo a confidargli
che negli ultimi anni di sua vita si vantava ormai soltanto delle sue debolezze,
perché soltanto in esse di manifestava la potenza del suo Signore. Il sonno
agitato si distese nella pace e accanto al giaciglio tornò a splendere la
lampada della speranza. (I detti dei Padri del
deserto di Scite, 32)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Grazie Padre Fabio di queste pillole rivitalizzanti che ci donano l'energia per riprendere con più lena il Santo viaggio.
RispondiEliminaBuona estate. ;)